Creare tassonomie efficaci

Theresa Regli ha scritto per l’AIIM E-Doc Magazine un interessante articolo in cui indica alcuni suggerimenti per creare delle tassonomie efficaci per i contenuti.

Una tassonomia è lo schema e l’insieme di gerarchie che descrive un certo tipo di informazione. Questo intervento di Fucinaweb, per fare un esempio, è un contenuto che appartiene alla categoria Content Management e Information Architecture ed è anche descritto da alcuni tag supplementari in fondo all’articolo.

L’introduzione di una tassonomia per i contenuti deve essere motivata a chi poi la andrà a utilizzare tutti i giorni, evidenziando il modo migliore di impiegarla. Il rischio è altrimenti quello di introdurre una caratteristica di soggettività durante l’uso della classificazione, con persone diverse che applicano criteri diversi allo stesso contenuto (io stesso ho potuto verificare questa problematica in un progetto che prevedeva la catalogazione di migliaia di articoli tratti da riviste).

Secondo la Regli, e condivido, agli utilizzatori di questi metodi di catalogazione dovrebbe essere fornito un modo per verificare subito, con le stesse ricerche che impiegherà chi poi deve ricercare i contenuti, la bontà e i limiti della catalogazione. Avere un riscontro istantaneo del proprio operato è importante per raggiungere fin da subito un buon livello di qualità in questo tipo di operazioni solo a prima vista ripetitive.

I concetti di tassonomia e catalogazione per il web sono affrontati con un ottimo livello di dettaglio in Information Architecture for the World Wide Web, che ho recensito qui su Fucinaweb.

Guida di stile per il web: un caso pratico

Mi è stato chiesto da più parti di fornire qualche esempio pratico riguardo ai passati interventi a proposito delle guide di stile web per la grafica e i contenuti.

Un esempio interessante è quello proposto dalla australiana Monash University. La loro guida di stile, che integra suggerimenti per la grafica e i contenuti, è davvero molto approfondita e ben strutturata.

Si comincia con un’introduzione rivolta all’audience della guida: web designer, sviluppatori e autori di contenuti dei siti dell’università. Non si tratta quindi di regole generiche che si possono trovare in qualunque buon libro sulla scrittura e design per il web (se interessati potete leggere su Fucinaweb le recensioni degli ottimi Web Word Wizardry, Hot Text – Web Writing That Works e Web Style Guide – Second Edition), bensì di indicazioni specifiche a un sito o a un network di siti.

Altro aspetto affrontato con intelligenza dalla guida è una breve descrizione degli utilizzatori del sito, cioè il pubblico a cui si rivolge. Notate come non vengano sprecate parole inutili: frasi brevi, buon uso degli elenchi puntati, link a risorse. La stessa guida è un ottimo esempio di come scrivere per il web.

Si passa poi ad affrontare il concetto di qualità dei contenuti e del design del sito, cioè cosa non può mancare ai contenuti e come funziona il processo editoriale e di revisione. Visto che alla Monash University offrono corsi che riguardano questi concetti hanno pensato bene di rimandarvi come approfondimento. Da notare anche la bella idea di separare, dedicandoci in una sezione dedicata, tutto quello che riguarda il loro sistema di Content Management (qui troverete informazioni sul software su cui si basa e sui motivi che li hanno portati ad estenderne le funzionalità).

Dopo questi contenuti introduttivi, ma fondamentali, si passa nel vivo della guida. La sezione branding and visual identity prende in rassegna le diverse sezioni del sito, e per ognuna illustra le scelte che sono state compiute per quanto riguarda i colori delle diverse componenti, le modalità con cui riferirsi a altre realtà presenti nell’universo dell’università, il tipo di immagini da usare (con esempi) e regole sul loro impiego.

In navigation e site structure si parla un po’ di information architecture, indicando le diverse tipologie di scheme con cui organizzare le informazioni, che nel caso dell’università sono:

  • alfabetico
  • cronologico
  • geografico
  • per argomento
  • per compito
  • per audience
  • guidato da metafora

Forse questa è l’unica sezione che si sarebbe potuto affrontare con un po’ più di profondità, magari illustrandola con esempi e includendo suggerimento su come organizzare le voci di menù e come etichettarle. Bene invece che alla ricerca e ai metadati sia dedicata un’opportuna voce di menù, vista la sua importanza.

Ai contenuti sono dedicate diverse sezioni e sottosezioni, di cui la principale è content, text and images.

Un’ultima sezione che vale la pena soffermarsi a commentare è quella che riguarda i template web, a cui accennavo in uno scorso intervento. In questa sezione sono presentati i diversi template disponibili per il sito e ne viene suggerito l’uso per le diverse esigenze, con esempi di casi già online. Un’opportuna tabella, davvero un’ottima idea, evidenzia inoltre l’impiego dei fogli di stile sui diversi elementi della pagina. 

Quella dell’università di Monash è una guida di stile davvero completa. Probabilmente per i progetti “di tutti i giorni” è uno sforzo considerevole da affrontare, ma se vi date uno standard di progettazione vedrete che riuscirete a creare un documento di questo tipo, personalizzandolo per il cliente, senza necessariamente passare notti insonni.

Un altro interessante esempio di guida di stile, anche in questo caso di un’università, è la Penn Web Style Guide.

Taxonomy e Folksonomy

Un interessante articolo pubblicato nel sito di Asis (The Information Society for the Information Age) e scritto dall’Information Architect Karen Loasby del sito BBC, presenta gli sforzi fatti dai gestori del network per facilitare la ricerca delle informazioni da parte degli utenti.

Dapprima, circa quattro anni fa, il team della Loasby si è limitato a facilitare l’indicizzazione delle pagine da parte dei principali motori di ricerca. Ma, all’aumentare dei contenuti del network, questa soluzione ha perso di efficacia.

Successivamente sono stati “taggati” i contenuti per mezzo di un vocabolario controllato. Questo vuol dire che i giornalisti sono stati istruiti per aggiungere da una lista di termini ben precisa (controllata) i metadati che un motore di ricerca può utilizzare per restituire i dati di interesse. Ma questa soluzione presenta comunque i suoi svantaggi, primo tra tutti il costo dell’operazione.

Una delle ipotesi per il futuro è quella di affiancare a un vocabolario controllato le potenzialità delle folksonomy, cioè la possibilità (alla del.icio.us e flickr) di aggiungere metadati al contenuto senza per forza essere costretti a usare (sempre) rigide regole di associazione.

Non sarebbe male che anche per la televisione nostrana qualcuno si preoccupasse di queste problematiche.