Le Web 3 Paris – Giorno 2, pomeriggio

Blogging our way to democracy

di David Weinberger

Nella campagna politica presidenziale nella campagna Dean c’era una nuova voce, il blogger.
La classica comunicazione politica sfrutta un modello piramidale, cioè da uno, unidirezionalmente, verso gli altri. Si potrebbe pensare che dovrebbe essere il contrario, ma non è fattibile: se i molti comunicano con l’uno (per esempio via email), la conversazione è ingestibile.

Quello che è necessario è che i molti parlino tra di loro, e questo è il ruolo svolto dai blogger. E’ un modo per rompere il modello piramidale.

Quello che si ottiene è l’uso della tecnologia p2p (person to person), attraverso:

  • blog
  • wiki
  • tag

La classica comunicazione uno a molti (broadcast) è caratterizzata da alcuni elementi:

  • self-contained
    • un episodio è un evento e basta. Un po’ come il sito del New York Times, che non pubblica mai link verso l’esterno se non per pubblicità
    • in un blog invece ci devono essere dei link ad altri blog, perché ogni link è l’inizio di una nuova conversazione
    • un po’ di generosità e si costruisce il web
  • simple-minded
    • visto che il pubblico è vasto, il livello della conversazione è semplice, così che tutti possano parteciparci
    • la stessa cosa avviene nella politica (mostra un esempio di conversazione di Bush)
    • con i blog invece è importante fare cose complesse, perché gli uomini aspirano a risolvere problemi complessi
  • di proprietà di qualcuno: loro

Visto il poco tempo, Weinberger affronta velocemente altri temi:

  • quello della ricerca e dei metadata. I metadata sono le cose che sai (quelle che fanno partire la ricerca), i dati sono le cose che vuoi trovare
  • dobbiamo produrre quanto più contenuto possiamo. Il dettaglio non è irrilevante, tutt’altro. Sarà poi il software ad aiutarci a discernere tra questo mare magnum. La cosa è favorita dal costo sempre minore dei supporti di archiviazione. Dobbiamo “esternalizzare”: ogni cosa facciamo ha del valore
  • quello che noi stiamo costruendo sono delle infrastrutture di significati (infrastructure of meaning).

“Meaning is the way to share the world”.

Commento: la presentazione che forse ho apprezzato maggiormente, sia per l’esposizione di Weinberger, sia per i contenuti. Ho trovato affascinante il tema della complessità degli argomenti e di come si tenda invece ad abbassare sempre il livello della conversazione. E’ quello che è successo anche durante le sessione qui a Le Web 3.

Internet censorship and democracy

Hossein Derakhshan, Iran

Lo scopo della presentazione è capire cosa sia la censura in internet e come combatterne gli effetti. Il sito di Hossein è hoder.com.

Cos’è la censura? Il tutto nasce in azienda, come risposta a questa esigenza:

con un accesso illimitato a internet i dipendenti vengono distratti da attività non collegate al lavoro e non produttive

Si stima che mercato per la censura delle comunicazioni in azienda (filtering) aumenterà del 50% nel prossimo anno.

Le giustificazioni:

  • per le aziende: aumentare la produttività
  • per i governi: per la sicurezza e la stabilità (e questi sono i veri problemi di censura)

Alcuni dati sulla censura dei governi:

  • emirati arabi: pornografia, omosessualità
  • cina: gruppi di opposizione, siti in inglese
  • corea del sud: attivisti pro corea del nord
  • pakistan: blogger.com
  • iran
    • temi religiosi, porno, youtube, orkut, flickr
    • opposizione, separatisti, diritti umani, software anti-filtro

Alcune sorprese della situazione iraniana:

  • i siti israeliani non sono censurati
  • meno di 100 blog su 700.000 sono censurati
  • inizialmente non si sono verificati arresti legati all’attività di blogging
  • lo stesso governo ha utilizzato il blogging
  • in iran bloggare non è visto come fenomeno globale, ma locale

Come combattere la censura in internet. Diverse possibilità:

  • tecnica:
    • proxy
    • news readers
    • mirrors
    • email
    • reader rss di tipo p2p (potrebbe essere una soluzione vincente, ancora da studiare approfonditamente)
  • approccio civile
    • formare dei gruppi di cittadini che facciano pressione sugli Isp per migliorare la qualità di servizio. Gli ISP a loro volta fanno pressione sul governo
  • approccio legale (il più efficace)
    • usando opportuni cavilli ed educando gli avvocati a muovere causa verso gli ISP e i governi
    • sfruttando il fatto che i siti web sono proprietà privata

The 5th power: can the Internet change politics?

Un giornalista francese, Thierry Crouzet, si chiede se anche nella politica (francese) sia possibile evidenziare un trend di “long tail” come per l’economia. A questo proposito guarda all’evoluzione delle tornate elettorali nello scorso ventennio circa.

Le condizioni da raggiungere, secondo lui, sono che, come nella long tail economica:

  • aumenti la variabilità di prodotti (cioè candidati) tra cui scegliere
  • i bestseller (cioè chi vince) vendono sempre meno (cioè vincono per scarti sempre inferiori)

Dati alla mano, la cosa è dimostrata:

  • nel corso degli anni i candidati sono effettivamente sempre aumentati
  • e chi ha vinto ha ottenuto scarti sempre minori. Nell’ultima tornata i primi due hanno insieme ottenuto meno del 50% delle preferenze

Commento: mi sembra una forzatura, un approccio un po’ troppo semplicistico. Sono convinto che con questi metodi sia possibile trovare centinaia di esempi che sembrano basarsi sul concetto di long tail. Non hanni poi chiarito un punto importante: che significato avrebbe tutto questo se fosse effettivamente vero?

Guida di stile per il web: un caso pratico

Mi è stato chiesto da più parti di fornire qualche esempio pratico riguardo ai passati interventi a proposito delle guide di stile web per la grafica e i contenuti.

Un esempio interessante è quello proposto dalla australiana Monash University. La loro guida di stile, che integra suggerimenti per la grafica e i contenuti, è davvero molto approfondita e ben strutturata.

Si comincia con un’introduzione rivolta all’audience della guida: web designer, sviluppatori e autori di contenuti dei siti dell’università. Non si tratta quindi di regole generiche che si possono trovare in qualunque buon libro sulla scrittura e design per il web (se interessati potete leggere su Fucinaweb le recensioni degli ottimi Web Word Wizardry, Hot Text – Web Writing That Works e Web Style Guide – Second Edition), bensì di indicazioni specifiche a un sito o a un network di siti.

Altro aspetto affrontato con intelligenza dalla guida è una breve descrizione degli utilizzatori del sito, cioè il pubblico a cui si rivolge. Notate come non vengano sprecate parole inutili: frasi brevi, buon uso degli elenchi puntati, link a risorse. La stessa guida è un ottimo esempio di come scrivere per il web.

Si passa poi ad affrontare il concetto di qualità dei contenuti e del design del sito, cioè cosa non può mancare ai contenuti e come funziona il processo editoriale e di revisione. Visto che alla Monash University offrono corsi che riguardano questi concetti hanno pensato bene di rimandarvi come approfondimento. Da notare anche la bella idea di separare, dedicandoci in una sezione dedicata, tutto quello che riguarda il loro sistema di Content Management (qui troverete informazioni sul software su cui si basa e sui motivi che li hanno portati ad estenderne le funzionalità).

Dopo questi contenuti introduttivi, ma fondamentali, si passa nel vivo della guida. La sezione branding and visual identity prende in rassegna le diverse sezioni del sito, e per ognuna illustra le scelte che sono state compiute per quanto riguarda i colori delle diverse componenti, le modalità con cui riferirsi a altre realtà presenti nell’universo dell’università, il tipo di immagini da usare (con esempi) e regole sul loro impiego.

In navigation e site structure si parla un po’ di information architecture, indicando le diverse tipologie di scheme con cui organizzare le informazioni, che nel caso dell’università sono:

  • alfabetico
  • cronologico
  • geografico
  • per argomento
  • per compito
  • per audience
  • guidato da metafora

Forse questa è l’unica sezione che si sarebbe potuto affrontare con un po’ più di profondità, magari illustrandola con esempi e includendo suggerimento su come organizzare le voci di menù e come etichettarle. Bene invece che alla ricerca e ai metadati sia dedicata un’opportuna voce di menù, vista la sua importanza.

Ai contenuti sono dedicate diverse sezioni e sottosezioni, di cui la principale è content, text and images.

Un’ultima sezione che vale la pena soffermarsi a commentare è quella che riguarda i template web, a cui accennavo in uno scorso intervento. In questa sezione sono presentati i diversi template disponibili per il sito e ne viene suggerito l’uso per le diverse esigenze, con esempi di casi già online. Un’opportuna tabella, davvero un’ottima idea, evidenzia inoltre l’impiego dei fogli di stile sui diversi elementi della pagina. 

Quella dell’università di Monash è una guida di stile davvero completa. Probabilmente per i progetti “di tutti i giorni” è uno sforzo considerevole da affrontare, ma se vi date uno standard di progettazione vedrete che riuscirete a creare un documento di questo tipo, personalizzandolo per il cliente, senza necessariamente passare notti insonni.

Un altro interessante esempio di guida di stile, anche in questo caso di un’università, è la Penn Web Style Guide.

Guida di stile per il web: i contenuti

In uno scorso intervento abbiamo visto come, nel corso di un progetto web, sia possibile (anzi, auspicabile) definire una serie di suggerimenti sottoforma di guida di stile. La guida di stile ben si presta in due ambiti: il design grafico del sito, di cui ci siamo occupati, e i contenuti, intesi come l’insieme dei documenti, immagini, link che popolano il sito.

Una guida di stile per i contenuti di un sito dovrebbe rispondere ad alcune domande riguardo:

  • la “lunghezza” dei testi: 400,1000 o 10.000 battute? Suddivise per pagine?
  • stessa cosa per le frasi
  • la composizione del testo: titolo, abstract, sommario, occhiello, corpo principale. Quante tipologie di contenuto ci sono e come vengono suddivise? Il sommario cosa dovrebbe contenere? Quanto è lungo?
  • le tipologie di enfasi, grassetto e italico, sottolineature, ammesse e come impiegarle
  • indicazioni su come comportarsi con acronimi e sigle
  • regole per citare fonti e link a siti esterni (con nome del link o del sito?, quali parti della frase rimandare al link? usare o no “clicca qui”?)
  • come intervallare i contenuti multimediali nella pagina: una o più immagini?, con didascalia?, in quale posizione?

Tutto questo corredato, possibilmente, con degli esempi, così da non lasciare spazio a fraintendimenti.

C’è poi chi vorrebbe farcire le guide di stile con un vocabolario minimo delle parole da usare o da non usare. Evitatelo: oltre a essere una gara persa in partenza, ricorda molto quello che succede con le ontologie e le folksonomies.

Limitate inoltre le regole alle principali, perché una guida di stile prolissa viene presto dimenticata nel cassetto.