“We are busy updating the store for you and will be back shortly”, cioè “Siamo impegnati a aggiornare il negozio e torneremo presto”.
Interessante, ma sarà vero? Ne dubito.
Ho cominciato ad avere a che fare con siti di grosse dimensioni qualche anno fa, quando né a me né alla mia azienda erano chiari quali fossero l’impegno e le competenze necessarie per garantire alti livelli di servizio. Ricordo che sfortuna ne abbiamo avuta tanta: prestazioni deludenti, memory leak, aumenti di traffico senza apparente logica. Di tutto, ma non è mai successo che per caricare alcune foto e alcune righe in una tabella, cioè per presentare 4 nuovi prodotti, abbiamo scelto di mettere offline il sito di commercio elettronico per ore.
Esistono molte strategie a disposizione per evitarlo, software e hardware, anche per realtà di piccole dimensioni: bilanciatori, ambienti di stage, repliche di base dati. Quella del sito Apple in aggiornamento è quasi sicuramente una strategia di marketing, e anche piuttosto ben riuscita, considerando che da anni le sezioni “in lavorazione” dei siti sono considerate pessime soluzioni.
L’altro giorno, leggendo i diversi interventi dopo l’ennesimo offline, c’era chi sospettava il rilascio di numerosi nuovi prodotti da parte di Apple, perché “il negozio era irraggiungibile per più tempo rispetto al solito”. Io, invece, sono più propenso a credere a un ritardo dei tecnici web Apple di ritorno dal bar dove hanno passato gran parte della mattinata, in attesa di premere il bottone che fa tornare il negozio online…
Le vacanze di Natale sono per me l’occasione per terminare alcune letture professionali, soprattutto libri, che da un po’ di tempo aspettano di essere concluse. Di alcuni di questi libri parlo qui, lasciando a futuri interventi gli altri.
Più che recensioni si tratta di un insieme di spunti che ho trovato particolarmente utili nel mio lavoro, anche se in alcune occasioni non nascondo la delusione nel trovarmi di fronte a qualche prodotto che avrebbe potuto essere migliore.
Di solito non lascio questi libri intonsi: mi piace sottolineare frasi e paragrafi che ho trovato significativi, e che in qualche caso riporterò.
Non si può certo dire, dopo averlo ascoltato al Le Web 3, che Andrew Keen sia una persona che sprigioni simpatia.
Lo stesso tono si trova anche nel libro che ha scritto lo scorso anno, il cui sottotitolo la dice lunga: “How today’s internet is killing our culture”.
La tesi di Keen è presto detta: il web 2.0 è un’accozzaglia di contenuti il cui valore è paragonabile a quello della spazzatura, anche Wikipedia non si salva; la nascita dei siti di social networking non ha fatto altro che spostare gli incauti fruitori di informazione da siti giornalistici rinomati e specializzati a fonti di dubbia professionalità, portando alla morte diverse testate; combattere contro i contenuti liberi, anche se scadenti, è impossibile per le grandi major discografiche e cinematografiche.
Un testo da evitare, quindi? Tutt’altro. Al di là di queste e altri frasi sensazionalistiche, il libro di Andrew Keen evidenzia correttamente alcuni aspetti ancora poco chiari dell’economia basata su questo web 2.0.
Keen si chiede per esempio chi siano i proprietari di tutto il contenuto che produciamo con tutte queste piattaforme di social networking. Sottolinea anche la necessità, soprattutto per i più giovani, di maturare una forte coscienza critica che permetta di discernere tra la moltitudine di contenuti a disposizione, piuttosto che soffermarsi alla prima fonte trovata.
Qualche citazione
Giornali e riviste, tra le più affidabili fonti di informazione del mondo in cui viviamo, stanno crollando, grazie ai blog gratuiti (pagina 8, mia traduzione)
Chi è il proprietario del contenuto creato [su Myspace]? Questa definizione nebulosa di proprietà, unita alla facilità con cui possiamo copiare e incollare il lavoro di altri come se fosse nostro, è risultato in una serie di appropriazioni della proprietà intellettuale (pagina 23, mia traduzione)
Il culto dell’amatore fa si che sia difficile capire quale sia la differenza tra lettore e scrittore, tra artista e manipolatore, tra amatore ed esperto. Il risultato? Il declino della qualità e affidabilità dell’informazione che consumiamo (pagina 27, mia traduzione)
Ogni casa discografica defunta, ogni reporter lasciato a casa, ogni libreria chiusa sono la conseguenza del contenuto libero generato dagli utenti in internet (pagina 27, mia traduzione)
Ogni visita all’informazione libera di Wikipedia significa un cliente in meno per un’enciclopedia professionale come l’enciclopedia Britannica (pagina 29, mia traduzione)
Il talento è una risorsa limitata. Non troverete del talento dietro l’individuo annegato nel suo pigiama davanti al computer, che se ne esce con assurdi interventi nel suo blog o recensioni anonime di film. Alimentare il talento richiede lavoro, capitale, esperienza, investimenti. Richiede l’infrastruttura dei media tradizionali – i talent scout, gli agenti, gli editori, i pubblicisti, i tecnici, il marketing. Il talento è costruito dagli intermediari. Se togliete gli intermediari, togliete anche lo sviluppo dei talenti. Ecco perché l’economia espressa in “The long tail” di Chris Anderson è sbagliata (pagina 32/33, mia traduzione)
Su Wikipedia, 2 più 2 a volte fa 5 (pagina 40, mia traduzione)
Nel culto dell’amatore, quelli che sanno di più possono essere soffocati da quelli che sanno di meno (pagina 43, mia traduzione)
L’informazione gratuita non è gratuita, perché dobbiamo considerare il tempo speso per leggerla con occhio scettico (pagina 46, mia traduzione)
La responsabilità di un giornalista è quella di informarci, non di conversare con noi (in risposta a We The Media di Dan Gillmor, pagina 49, mia traduzione)
Google è un parassita, perché non crea contenuto (pagina 135, mia traduzione)
Voto
6.5 su 10
Si consiglia di consumare in abbinamento con
We the Media, di Dal Gillmor
The Long Tail, di Chris Anderson
Cultura Convergente, di Henry Jenkins (recensione in questo stesso intervento)
Per chi ha trovato semplicistico e fuorviante quanto raccontato da Andrew Keen in “The cult of the amateur” viene in aiuto, quasi troppo, questo libro di Henry Jenkins. In questo testo si parla di come i produttori di media (televisione, cinema, editoria) sempre più utilizzino mezzi diversificati per fidelizzare i propri utenti e di come, allo stesso tempo, i fan di questi prodotti utilizzino gli stessi media per amplificare e arricchire la loro esperienza.
Ogni capitolo, in questo libro, ruota intorno al dualismo (a volte in contrapposizione, altre in partecipazione) tra azienda produttrice e consumatore, più che altro consumatore affezionato e appassionato, vero e proprio fan.
Appassionati della serie televisiva “Survivor”, che condividono via web le loro analisi per cercare di scoprire, prima che sia reso noto a più, chi ha vinto il reality, e in quale location è stato girato. Appassionati di “American Idol”, tanto appassionati da essere ricercati dagli sponsor della trasmissione. Appassionati di “Star Wars”, che realizzano film amatoriali, alcuni dei quali con effetti e sceneggiature di tutto rispetto (come per esempio Star Wars Revelations). Ragazzini appassionati di Harry Potter che realizzano racconti e avventure che trattano temi secondari rispetto alla saga, ma non per questo meno importanti.
In alcuni casi queste produzioni amatoriali non sono viste di buon occhio da chi detiene il copyright, aziende con il timore di perdere il controllo su quella che considerano essere la loro gallina dalle uova d’oro. Qui rientra la maggioranza dei casi. In pochi altri invece, dopo una prima fase di cautela, le aziende produttrici si sono dimostrate tolleranti riguardo le produzioni dei loro fan, fino ad arrivare a coinvolgerli attivamente, mettendo loro a disposizione materiale dedicato e promuovendo concorsi e incontri. Sempre, però, definendo chiaramente i limiti da non superare. Le aziende produttrici si stanno comunque rendendo conto che lo zoccolo duro dei propri utenti, i veri e propri fan, sono la fonte più preziosa di guadagno, sia diretto, sia indiretto, grazie alla visibilità che i gruppi di utenti oggi riescono a raggiungere grazie a strumenti quali il web.
Jenkins cita nel libro un testo scritto da Peter Walsh (e recuperabile in internet, That Withered Paradigm: The Web, the Expert, and the Information Hegemony) e che tratta della differenza tra “il paradigma dell’esperto” e “l’intelligenza collettiva”, cioè di come internet e i media sociali stiano cambiando il modo di intendere il ruolo della competenza e professionalità. Una lettura consigliata.
Quello di Jenkins è un testo che non sembra avere dirette influenze verso chi sviluppa un sito web, ma solo a prima vista. Penso in particolare alla corposa sezione in cui Jenkins sottolinea l’importanza, per un’azienda, di non considerare i diversi media con cui si presenta ai clienti come compartimenti tra loro stagni.
Certo, Jenkins fa riferimento prima di tutto alle produzioni cinematografiche di Hollywood e ad esempi come la trilogia di Matrix, in cui il film, il videogame, i cartoni animati e i fumetti sono stati progettati come facenti parte del medesimo universo. In realtà questo dovrebbe essere vero anche per il sito dei nostri clienti. Quante volte ci troviamo a lavorare con foto e contenuti che sono stati pensati esclusivamente per il cartaceo, senza che qualcuno si sia preoccupato (in tempi “non sospetti”) di realizzare il materiale da utilizzare anche per il sito web?
Cultura convergente è un testo appassionante, soprattutto perché chi lo scrive è prima di tutto un fan e non lesina aneddoti e “casi studio” davvero curiosi. A dire il vero si sarebbe potuto forse rinunciare ad approfondire così nel dettaglio i diversi esempi, senza per questo togliere importanza al lavoro dell’autore. Unica vera nota negativa la presenza di svariati refusi nella traduzione italiana.
Qualche citazione
La convergenza tra media è molto più che un semplice cambiamento tecnologico, alterando invece i rapporti tra i pubblici, i generi, i mercati, le imprese e le tecnologie esistenti (pagina XXXIX)
La convergenza è sia un processo discendente, dall’alto verso il basso, guidato dalle corporation, che una dinamica ascendente, dal basso verso l’alto, guidata dai consumatori (pagina XLI)
Ciò che tiene unita un’intelligenza collettiva non è il possesso del sapere, ma il processo sociale di acquisizione della conoscenza in quanto dinamico e partecipativo (pagina 34)
Quando la gente guarda un programma che le piace, è più sensibile agli spot che vanno in onda (pagina 42)
La fedeltà al brand è il santo graal dell’economia affettiva grazie alla “regola 80/20”: per molti prodotti di consumo, l’80% degli acquisti è effettuato dal 20% dei consumatori (pagina 56)
Le aziende che allentano il controllo sul copyright attireranno i consumatori più attivi e impegnati, mentre quelle che spietatamente fissano limiti ben precisi si troveranno una fetta sempre più piccola del mercato (pagina 166)
La migliore soluzione legale per uscire dalle sabbie mobili potrebbe essere una riforma normativa sull’uso equo, che renda legittima la circolazione di saggi critici e storie a commento di contenuti mediatici, qualora essa sia di origine grassroots e non finalizzata al profitto (pagina 202)
I candidati possono costruirsi la propria base su internet, ma hanno bisogno della televisione per vincere le elezioni (pagina 231)
Voto
8 su 10
Altre informazioni
Cultura convergente, di Henry Jenkins – Titolo originale Convergence Culture – pubblicato in italia da Apogeo – 370 pagine – 22.00 euro
In più di un’occasione ci siamo trovati, lo scorso anno, a realizzare progetti (soprattutto intranet) in cui utilizzare interazioni Ajax più o meno complesse.
Tra i diversi framework disponibili la scelta è caduta su jQuery, più per caso che per scelta accurata. Di documentazione in rete relativamente a jQuery non c’è che l’imbarazzo della scelta. Vista la volontà che sia web designer, sia sviluppatori potessero in futuro lavorare con jQuery, quello che cercavamo era un testo che si proponesse di partire dalle basi, anche visto l’efficace utilizzo delle nomenclature in stile CSS di jQuery, senza dare troppe competenze per scontate.
E Learning Jquery riesce, quasi sempre, a raggiungere questo scopo. Esagererei se dicessi che sia sufficiente conoscere HTML e CSS per padroneggiare i concetti espressi, senza aver mai visto una riga di Javascript. Non è così: Javascript va conosciuto, ma soprattutto è necessaria un’infarinatura sul funzionamento di un linguaggio di programmazione.
Quello che gli autori sono riusciti a fare bene è introdurre i diversi concetto della programmazione in jQuery a progressivi livello di difficoltà, cercando allo stesso tempo di realizzare un esempio didattico completo, nello specifico il catalogo di un sito di ecommerce di libri. L’editore e gli autori hanno anche saputo resistere alla facile tentazione di includere nel testo anche una guida di riferimento, al solo scopo di aumentare il numero di pagine e di conseguenza il costo.
La reference guide esiste però come testo acquistabile a parte, redatto dagli stessi autori ed è decisamente ricca di esempi, anche se la maggior parte è a dire il vero un po’ troppo banale.
Il testo di Learning jQuery nasce per opera degli autori del blog che porta lo stesso nome, learningjquery.com. Poiché è il libro a nascere dopo il sito, e non viceversa, non si corre per fortuna il rischio di trovare interventi fermi a mesi fa; il blog è in realtà molto aggiornato e, indipendentemente che decidiate o meno l’acquisto del testo, è una sicura risorsa di interesse da aggiungere al proprio lettore di feed.
Informazioni
Learning jQuery, di Karl Swedberg, Jonathan Chaffer – edito da Packt Publishing – pagine 380 – 36.99 euro
Organizzare la conoscenza parla di architettura dell’informazione e quindi potrebbe sembrare che, in qualche modo, “faccia concorrenza” con quella che viene considerata la bibbia dell’architettura dell’informazione: Information Architecture for the World Wide Web di Lou Rosenfeld e Peter Morville. Forse è anche per questo che il testo ha atteso nel mio scaffale un anno buono prima di essere letto.
In realtà così non è. Il respiro di Organizzare la conoscenza è infatti più ampio e abbraccia, oltre al web, anche altri ambiti, come per esempio l’ambito bibliotecario, che è poi la culla dell’architettura dell’informazione.
Può sembrare un controsenso, ma iniziare un testo come questo dalle biblioteche per poi arrivare all’architettura dell’informazione sul web permette di introdurre e approfondire concetti che Rosenfeld e Morville hanno trattato solo marginalmente, rendendo più chiaro quello che è il lavoro di un architetto dell’informazione nel web.
Tra i diversi capitoli, ho trovato particolarmente illuminanti i centrali, il quinto, sesto e settimo. Più che per le definizioni e i concetti espressi (faccette, classificazioni gerarchico-enumerative, tesauri, gerarchie, ecc.), che si ritrovano in Information Architecture for the World Wide Web, sono stati gli esempi a chiarire alcuni dubbi. La directory di Yahoo!, per esempio, utilizza uno schema di classificazione ibrido con categorie non mutuamente esclusive, situazione abbastanza comune per i siti web.
Se avete acquistato Information Architecture for the World Wide Web e sentite di aver bisogno di qualche esempio in più per fissare i concetti appresi, questo testo potrebbe fare al caso vostro.
Informazioni
Organizzare la conoscenza – di Claudio Gnoli, Vittorio Marino, Luca Rosati – edito da Hops Tecniche Nuove – pagine 214 – 18.90 euro
Con colpevole (e non giustificabile!) ritardo rispetto alla mia richiesta del marzo scorso, pubblico l’elenco delle tesi finora consegnatemi dagli studenti e che riguardano gli aspetti sociali o tecnici del web 2.0. Si tratta di opere notevoli alcune delle quali, in pieno spirito web, sono rilasciate con licenza Creative Commons.
10 Marzo 2008 – Ho aggiornato l’elenco con altre tesi, che trovate alla fine, realizzate da Anna Torcoletti, Maria Giovanna Candido e Elisa Sisto.
27 Dicembre 2008 – Ho aggiunto la tesi di Lara Barilli, “I blog universitari nei migliori atenei americani. Esperienze didattiche nell’era del Web 2.0”.
Anticipo una domanda: sì, c’è anche il link diretto alla versione PDF della tesi caricata qui su Fucinaweb o, quando possibile, direttamente sul sito dell’autore.Lascio spazio alle tesi, ma vi chiederei alcune cortesie:
vi invito a segnalare nel vostro sito le tesi, perché questi ragazzi si meritano la migliore visibilità. Nel farlo, inserite il link a questa pagina piuttosto che direttamente al documento PDF
se trovate interessante una di queste tesi (magari perché ne state scrivendo una sugli stessi temi, visto che mi avete scritto in migliaia per chiedermi “quando le metti online perché il mio prof. mi ha chiesto di fare una tesi sul web 2.0”), contattate l’autore per avvisarlo e ringraziarlo, ok?
se avete realizzato una tesi riguardante il web 2.0, non è troppo tardi per inserirla in questo elenco. Contattatemi
E adesso cominciamo, in rigoroso ordine alfabetico, con…
Lorenzo Cavina – Progettazione e sviluppo di applicazioni web di ultima generazione con Ajax
La tesi, scritta quando ancora non era facile trovare documentazione esauriente su Ajax e HttpRequest, ha un taglio tecnico, ma inizia con il cercare una definizione di web 2.0 (passando per il web 1.0 e 1.5) e di web semantico.L’autore non si limita a una descrizione dell’architettura Ajax, ma ne analizza i pro e i contro, oltre alle alternative, come per esempio Flash, Java Web Start e AHAH, un Ajax “leggero”. Capitolo molto interessante è anche quello dedicato alla scoperta di pattern di sviluppo in Ajax.Donwload della tesi:
Carlo Daniele – Una comunità accademica nell’epoca del web 2.0
Con questa tesi si è posto per prima cosa l’obiettivo della creazione di un portale in grado di ospitare una comunità accademica “virtuale”, aperta, fondata sui principi che caratterizzano l’idea del Web 2.0.Una piattaforma del genere deve essere capace di ospitare i contenuti generati dagli utenti della comunità, ma deve anche essere aperta a contributi esterni, generati su altre piattaforme dagli stessi utenti, ma anche da soggetti non appartenenti alla comunità accademica, come giornalisti, docenti e studenti di altre discipline e università, aziende e organizzazioni, singoli individui (magari visitatori occasionali).Un secondo obiettivo del lavoro è la libera circolazione dei saperi accademici.Il problema fondamentale era, quindi, un problema di architettura di un social network. Per la messa in opera della piattaforma, si è scelto il CMS Joomla! per il quale sono stati creati ex-novo due componenti in grado di gestire le informazioni relative all’offerta formativa, alla pubblicazione degli orari delle lezioni e delle date d’esame.Download della tesi:
Davide Del Monte – E-Learning e Knowledge Management: sviluppo di un portale web con blog e wiki
Viene illustrato in questa tesi il processo che ha portato alla progettazione di un portale web di e-Learning e Knowledge Management, partendo dall’analisi dello stato dell’arte in termini di servizi e piattaforme già esistenti, fino alla creazione di una piattaforma dedicata.L’aspetto innovativo della piattaforma, Cognitio, è l’impiego di strumenti come wiki e blog per la distribuzione e fruizione dei corsi a distanza e la collaborazione tra gli utenti. Questo permette flessibilità al sistema, che si trasforma da semplice contenitore di materiale didattico in un strumento per la condivisione e la gestione della conoscenza, con interessanti applicazioni anche in ambito aziendale, al di fuori di un contesto puramente formativo.Cognitio integra al suo interno un sistema opensource di blogging multiutente (Roller) e un motore wiki (JSPWiki).Download della tesi:
La tesi analizza i limiti dell’attuale concetto di e-democracy e formula un possibile modello di applicazioni fatto di una serie di linee guida, basato sui concetti fondanti del web 2.0.I valori alla base del web 2.0, in particolare, rappresentano i valori fondanti per una e-democracy 2.0: partecipazione, collaborazione, personalizzazione e condivisione. Dove in passato le sperimentazioni di e-democracy hanno clamorosamente fallito, oggi attraverso piattaforme in stile web 2.0 è possibile raggiungere obiettivi democratici di notevole portata.E proprio da questo approccio mentale che si può partire per modificare e migliorare il rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione.Ho notato con interesse il fatto che la stessa tesi è in linea con il web 2.0. Ogni capitolo è infatti stato associato a un elenco di tag e la bibliografia di riferimento è stata tutta inserita in del.icio.us.Download della tesi:
Ambra Lazzari – Feed RSS e Atom. La rivoluzione dell’informazione nell’era del web 2.0
La tesi affronta per prima cosa i temi relativi al web 2.0 per poi focalizzare l’attenzione sul mondo dei feed RSS e Atom.Consta di tre parti: la prima è un’analisi (comunicativa e sociale) dei nuovi applicativi e servizi propri del web 2.0, la seconda è una disamina tecnica dei formati di feed (tra cui Rss e il rapporto con Atom), e la terza è la simulazione di feed per il sito dell’Università di Torino.Download della tesi:
Davide Potente – iTunes e il profumo dell’informazione
Di questa tesi ha già parlato lo stesso autore in trovabile.org, a cui rimando per approfondimenti. Mi limito a prendere in prestito qualche paragrafo introduttivo.iTunes trasforma la comune ricerca all’interno di un archivio in un processo evolutivo: l’utente può raffinare i risultati ottenuti in base alla tipologia di contenuto desiderato, oppure in base agli interessi maturati nel corso della ricerca.Questa soluzione è stata ottenuta abbandonando il rigido sistema di classificazione gerarchica delle informazioni a favore di una logica semantico-relazionale vicina al sistema della classificazione a faccette.Le scelte dell’utente saranno favorite da una serie di riferimenti (citazioni bibliografiche, link alle risorse web, icone relative alle fonti e tutte le parti testuali o grafiche costituenti un’interfaccia utente) che suggeriranno i percorsi di ricerca più idonei, veicolando il profumo dell’informazione.Download della tesi:
Taddeo Zacchini – .beta, progettare interfacce Web 2.0
La tesi, come riportato nel sito dell’autore, consiste in una ricerca nell’ambito del design delle interfacce e in uno studio dell’immagine Web 2.0, correlati ad un progetto prototipico: Ystle. Il tema di riferimento della ricerca è stato quello dell’usabilità, mentre per la realizzazione del prototipo sono state sviluppate linee guida specifiche dell’immagine.Download della tesi:
Anna Torcoletti – Blog e Tumbl, progetto di ricerca sui nuovi linguaggi e le prospettive di comunicazione del web
Dalla pagina di presentazione dell’autrice:
Il fiore all’occhiello del web 2.0 è il weblog, questo è esaminato e confrontato con il tumblelog e più in generale con il fenomeno del microblogging al fine di comprendere le specificità dell’uno e dell’altro mezzo.Sono entrambi due risorse che non si escludono a vicenda ma rappresentano due modalità per esprimere la propria identità in rete.La pratica di tumblelogging, per essere compresa fino in fondo non deve essere osservata attraverso la prospettiva del blog, altrimenti non si riusciranno a percepire i vantaggi e quello che di nuovo e comodo presenta
Maria Giovanna Candido – L’iPod tra Interaction Design e Architettura dell’Informazione
Dall’introduzione alla tesi:
La tesi vuole analizzare i rapporti tra marketing, usabilità d ergonomia cognitiva, cercando di chiarire l’importanza che oggi assumono: il design, lo studio delle relazioni tra l’uomo e le macchine e l’architettura dell’informazione.Lo scopo è quello di sottolinearne la complementarietà come strumenti per il raggiungimento della massima usabilità sia dal punto di vista dell’azienda che da quello dell’utente finale.Si partirà dal recupero del rapporto tra marketing ed usabilità attraverso l’analisi di alcuni marchi che applicano questo principio alla presentazione dei propri prodotti. La seconda parte verterà sullo studio dettagliato dell’iPod della Apple come icona di innovazione e semplicità, e come ottimo progetto di design dell’interazione.
Elisa Sisto – Le piattaforme web 2.0 nelle strategie comunicative e di marketing. Il caso zooppa.com
La tesi, dopo una prima parte di ricerca e rappresentazione del funzionamento delle tecnologie e servizi web 2.0 (tagging, condivisione, generazione dei contenuti dagli utenti e socialità) analizza nel concreto Zooppa.com, la nota piattaforma di social advertising. Per farlo l’autrice ha da un lato analizzato i contenuti del sito, dall’altro ha condotto alcune interviste agli utenti che partecipano alla community, di cui condivide i risultati.Download della tesi:
Lara Barilli – I blog universitari nei migliori atenei americani. Esperienze didattiche nell’era del Web 2.0
Partendo da una ricognizione degli sviluppi tecnologici del Web (soffermandosi in particolare sul Web 2.0 o Web Partecipativo) e dai principali cambiamenti nell’ottica educativa (nascita del C-Learning e adozione del Social Software nella didattica), viene fatto il punto sul valore pedagogico dello strumento blog e di come questo viene utilizzato nelle migliori università americane (secondo la classifica di USNews aggiornata al 2009): Harvard, Yale, Princeton e Stanford.