Le Web 3 in pillole

Semplicità. Questo forse il termine più adatto per raccontare la prima giornata di Le Web 3, a Parigi.

  • Semplicità come filo conduttore dello sviluppo di Twitter, secondo quello che ha raccontato Evan Williams. Twitter è un’applicazione che deve poter funzionare perfettamente anche con il cellulare, via SMS. Per questo si è scelto di limitare le caratteristiche dell’applicazione, al fine di poter servire le diverse periferiche da cui è possibile accedervi. “L’uso del cellulare ha i suoi limiti, per cui l’interfaccia deve essere molto, molto semplice”. “Aggiungere dei vincoli a un’applicazione può aiutare l’utente”.
  • Semplice è anche il design dei prodotti secondo Philippe Starck. “Minimizza l’essenza, rendi invisibile, togli materia”
  • Semplicità è una delle caratteristiche dei progetti di casa Google, raccolta sotto l’ombrello di velocità. “Costruisci in fretta un semplice prototipo, lancia il prodotto sul mercato e genera feedback dagli utenti”.

Semplicità, cioè il tema del libro che mi accompagna in questi giorni in giro per Parigi, The Laws of Simplicity, 10 regole per migliorare il design dei prodotti, raccontate in 100 pagine. Una lettura consigliata, a partire dal (per una volta) ricco blog di supporto.

Ecco altri pensieri raccolti nel corso di questa intensa giornata, cominciata alle 8.30 e che probabilmente non terminerà per le 19.30, come da programma:

  • il valore di un’identità online è direttamente proporzionale alla sua età (Chris Alden, SixApart)
  • abbiamo commesso 2 errori in Facebook. Il primo è stato di reagire in ritardo alle legittime richieste di funzionalità dei nostri utenti, il secondo è che non abbiamo spiegato nei dettagli l’introduzione di altre funzionalità (Dan Rose, Facebook)
  • il web 2.0 è dominato da aziende di tecnologia, che non sanno cosa cosa sia la cultura, ma ragionano esclusivamente in termini di pubblicità, non capendo nulla dei contenuti che sono riversati dagli utenti. Altro che “everyone is a producer”! (Andrew Keen, autore di The cult of amateur, testo critico nei confronti del web 2.0)
  • chiunque si trovi a gestire un servizio di social networking di successo non sa fino a dove spingersi per permettere all’utente di portare fuori dal servizio le proprie informazioni, e condividerle per mezzo di API o altri strumenti. Non lo sa perché non è ancora chiaro quale sia il modello di business di questi servizi, e quindi quali informazioni siano monetizzabili (Tariq Krim, Netvibes)
  • Perché un’azienda dovrebbe aprire i cancelli delle proprie applicazioni? Perché se non lo fa lei, lo farà qualcun altro (Marc Canter, Broadband Mechanics)

L’organizzazione di Le Web 3 quest’anno non ha lesinato negli spazi. Oltre al grande auditorium un intero padiglione è dedicato alle startup e un altro al “social networking” tra i professionisti e appassionati del settore.

Per chi è interessato a qualche ulteriore dettaglio sulla conferenza, consiglio la serie di interventi in liveblogging sul sito di Bruno Giussani, davvero dettagliati, tra cui:

In un blog del Guardian c’è inoltre la trascrizione dell’infuocato confronto con Andrew Keen.

Un anno di incontri

Non posso di certo lamentarmi, perché in questo 2007 ho avuto la possibilità di partecipare a eventi dedicati a discipline a me care. Search Engine Strategies a Milano a maggio, Future of Web Apps a Londra a ottobre, IAB Forum a novembre a Milano, Information Architecture Summit a Trento qualche giorno fa, oltre al barcamp di Roma, quello di Treviso e allo splendido workshop su Ruby on Rails tenuto dagli amici di Seesaw.

E, tra meno di due settimane, eccomi di nuovo in volo per Parigi verso Le Web 3, come l’anno scorso.

Puntualmente, prima di iscrivermi, mi chiedo se ne valga la pena. Di certo i relatori, almeno sulla carta, sembrano professionisti in grado di trasmettere quel qualcosa in più. Ma, tranne rari casi, questo non succede mai. Chi segue i loro weblog, chi come noi spende qualche ora alla settimana per il proprio aggiornamento non imparerà probabilmente nulla di nuovo. Non è una novità. Ricordo che lo stesso mi è successo, anche se in ambito diversi, con lo Smau. Non ci ho messo più piede da quando, grazie a internet, sapevamo tutto quanto sarebbe stato presentato con largo anticipo.

Ma, diversamente dallo Smau, partecipare a questi incontri è importante. E’ importante per avere un riscontro, non importa quanto scontato, sul proprio modo di operare. Capire che anche all’estero la pensano come noi ci fa forse sentire un po’ meno alieni in patria. Importante anche per chi, amici, colleghi e collaboratori, non ha la nostra fortuna e rimane a casa aspettando con impazienza, a fine giornata, il resoconto su Fucinaweb. Anche questa voglia di condividere, probabilmente, dovrebbe far parte del bagaglio di un project manager.

Se passate anche voi dal Le Web 3, teniamoci in contatto.

Project manager: leader o ragioniere?

Interessante l’intervento dal titolo Are you a leader or a tracker? scritto da Scott Berkun, già autore del testo The Art of Project Management.

Berkun si riferisce al termine project manager, spesso utilizzato per descrivere figure professionali che project manager in realtà non sono.

Secondo Berkun può definirsi project manager chi sovraintende l’intero processo, chi approva i budget, chi decide la composizione del gruppo di lavoro e la suddivisione dei compiti (di questo ho parlato nella Introduzione al web project management, anche se il mio intervento era riferito in particolare al mondo internet). In casi come questo il project manager è a tutti gli effetti un project leader.

Se invece il lavoro svolto si limita al controllo dell’andamento del progetto, per poi riportare le analisi in documenti consegnati ai propri responsabili per valutazione, non è corretto parlare di project manager, ma di project tracker, cioè “segugio” del progetto.

Ho incontrati diversi project tracker, soprattutto nel 2000/2001, ai tempi d’oro di internet. Erano ragazze o ragazzi neolaureati che spesso si trovavano a lavorare per società nel settore telefonico. Quella del project tracker potrebbe forse essere una fase transitoria nella carriera del project manager, l’inizio, un’ottima scuola.

Come fare a distinguere un project leader da un project tracker? Berkun propone di porre loro questa intervista, che traduco liberamente:

  • Sei la figura a cui il gruppo di lavoro fa riferimento?
  • Crei / contribuisci a creare o segui i requisiti utente?
  • Crei / contribuisci a creare o segui le specifiche di lavoro?
  • Crei / contribuisci a creare o segui le pianificazioni?
  • La progettazione è una parte consistente / minoritaria o trascurabile del tuo lavoro?
  • Quanto tempo passi a coordinare il progetto piuttosto che ad analizzarne l’andamento?
  • Come cambia il tuo coinvolgimento dall’inizio al completamento del progetto?
  • Sei completamente / parzialmente o indirettamente responsabile per la riuscita del progetto?