La battaglia dei cloni di documenti

Un web project manager produce molti e diversi documenti tra cui analisi, presentazioni, benchmark, debrief, a volte anche wireframe. Lavoro per diverse aziende e capita che sia invitato a utilizzare dei modelli già realizzati con loghi, colori e font istituzionali.

È qui che comincia la battaglia. Se per realizzare la documentazione ho impiegato un paio d’ore, cercare di farla rientrare nel modello che mi è stato consegnato è spesso un’impresa titanica.

Il problema è che non si tratta, nella maggior parte dei casi, di veri e propri modelli, ma di cloni di documenti che sono stati svuotati del contenuto e cui mancano delle vere linee guida di formattazione.

Il tipo e la dimensione dei font e le spaziature non sono stati realizzati come degli stili, ma sono stati applicati al testo all’occorrenza. E se anche sono stati utilizzati degli stili, lo si è fatto solo per il testo principale e (forse) per una tipologia di intestazione.

È un approccio inefficiente per diverse ragioni:

  • ogni volta che viene inserito un nuovo elemento, ad esempio un titolo, questo va copiato e incollato mutuandolo dal precedente
  • si perde il valore “semantico” del documento: un’intestazione dovrebbe essere tale perché questa informazione è stata specificata nel documento, mentre in questi documenti lo è semplicemente perché utilizza un font “più grande” rispetto alle altre
  • la qualità degraderà nel tempo: i primi due documenti rispetteranno in qualche modo lo standard, i successivi perderanno man mano la formattazione voluta
  • è impossibile applicare gli stili in un secondo momento, per esempio nel caso di documenti già realizzati, che devono essere modificati a mano voce per voce

Questo si verifica con i documenti Word, ma non solo. Anche Powerpoint e Keynote soffrono dello stesso problema. Piuttosto che investire una mezza giornata per realizzare delle diapositive master che possono poi essere applicate in ogni presentazione, si preferisce realizzare una presentazione con alcune slide che sono poi copiate e incollate più e più volte.

Quando mi viene proposto di utilizzare un modello aziendale per produrre documentazione, cerco se possibile di farmelo anticipare prima di iniziare il lavoro, così da capire come questi siano realizzati. Se la qualità non è secondo me soddisfacente, ma il numero di documenti che devo preparare è ridotto, inizio subito a utilizzare questi “modelli” per produrre la documentazione.

Se però si tratta di un’attività frequente, di solito preferisco investire un po’ di tempo e ricostruire completamente il modello. L’operazione, di solito, mi richiede circa un paio di ore (nel caso di una presentazione qualcosa di più), ma è tempo ben speso, soprattutto per me.

All’apparenza, rispetto al template che mi è stato consegnato, non cambia nulla. Ma il lavoro di produzione della documentazione diventa molto più efficiente, a tal punto da recuperare molto presto il tempo speso per la ricostruzione del modello.

Presentazioni che funzionano

Sono davvero contento che la mia presentazione Project Management 2.0 a Better Software abbia riscosso diverse preferenze.

Già nel corso della conferenza, e i giorni successivi via email, mi è stato chiesto di condividere i passi che ne hanno portato alla realizzazione.

Ho già scritto a proposito delle fonti (tra cui spiccano Slide:ology e Presentation Zen, solo per citare i testi più recenti). Qui ne riporto altre e entro nel dettaglio della progettazione.

Il progetto

In accordo con gli organizzatori ho pensato di realizzare una presentazione di unione tra i temi delle tecnologie sociali (chiamiamolo web 2.0) e le metodologie agili, i due macroargomenti in cui sono state divise le giornate di Better Software.

Come può muoversi e progredire un project manager in questi contesti? Il tema dell’intervento, “Project Management 2.0”, non riflette in realtà quello che molti pensano dell’evoluzione del project management (compresa la carente definizione data da Wikipedia), ovvero che si tratti di un spostamento verso l’aspetto sociale grazie all’introduzione di strumenti di collaborazione in ambito web.

Gli strumenti sono importanti ma, come ho avuto modo di ripetere più volte nell’intervento, il carattere sociale e di collaborazione del project management nasce insieme al concetto stesso di project management. Questo modo di intendere il project management è però mutato nel corso degli anni, così da diventare una professione che premia controllo e revisione piuttosto che facilitare la collaborazione e la comunicazione. Nella presentazione auspico allora, in qualche modo, un “ritorno alle origini”.

Per non rimanere troppo sul generico non manca comunque una panoramica su alcuni strumenti che facilitano il lavoro di squadra, come i software di project planner e i time tracking.

Selezione dei contenuti

Le argomentazioni possibili intorno a un concetto importante come quello dell’evoluzione del project management sono le più svariate, ma d’altro canto il tempo a disposizione per la presentazione rappresenta un vincolo che non va superato (35 minuti sui 45 a disposizione).

Per facilitare la fase di selezione ho realizzato una mappa mentale in cui ho scomposto le risorse raccolte ormai da qualche anno (soprattutto in delicious con tag projectmanagement).

La prima mappa mentale è composta unicamente da due livelli: project management “vecchia scuola” e project management 2.0. Dopo aver isolato un numero consistente di elementi li ho organizzati in macro aree e, dove necessario, anche in altri livelli.

Per la stesura della mappa mentale ho usato l’ottimo software opensource FreeMind.

Da qui è iniziata la fase di selezione, cioè di rinuncia degli argomenti sicuramente interessanti, ma non prioritari oppure troppo impegnativi per essere affrontati in poco tempo.

Ho poi notato la possibilità di creare dei collegamenti con alcuni testi, in particolare The Wisdom of Crowds di James Surowiecki e Peopleware di Tom De Marco e Timothy Lister.

Poiché realizzo mappe mentali di riassunto per i testi importanti (e questi lo sono), ho avuto la possibilità di lavorare con 3 mappe mentali. Le ho letteralmente stampate e appese alla parete, cercando di evidenziare le corrispondenze tra i diversi nodi.

La struttura della presentazione

Post-itHo a questo punto abbandonato il computer per lavorare con la carta o, meglio, con i post-it, come egregiamente suggerito da Garr Reynolds in Presentation Zen. Ciascun nodo della mappa mentale è diventato un foglietto che ho posizionato in ordine sparso su una parete.

Da qui ho cercato di strutturare il filo logico della narrazione, procedendo dalla vecchia concezione di intendere il project management, a quello che ho chiamato project management 2.0. Sono soddisfatto di aver usato carta e penna al posto del computer e consiglio caldamente di fare lo stesso perché è normale cambiare idea diverse volte e nulla è più semplice di spostare qualche post-it.

Al termine di questa fase mi era chiara la progressione della presentazione e il numero indicativo di slide. Ancora prima di far partire alcun programma ho quindi verificato, grazie all’aiuto di amici e colleghi, un esempio di narrazione per capire se il tutto potesse quadrare.

Comporre la presentazione

Ho cominciato a realizzare le slide in Keynote quando ormai la struttura macro e micro erano decise. Mi sono comunque dato qualche obiettivo riguardante l’aspetto grafico:

  • slide come supporto alla narrazione, con immagini a schermo intero senza testo (portando ancora più all’estremo i consigli di Slide:ology e Presentation Zen)
  • rinuncia a immagini riguardanti il mondo dell’informatica, se non per screenshot e screencast
  • ritmo incalzante di presentazione, con quasi 100 slide per 30 minuti

Testi di riferimento

Microsoft project crea un'elevata dipendenza, non iniziareChi ha assistito o ha visto la presentazione su Fucinaweb l’ha definita un intervento in stile “Presentazion Zen” o “Slide:ology” e questo è vero, visto che entrambi sono testi che ho letto e apprezzato.

Ma il testo che più mi è stato di aiuto e di ispirazione è stato forse Made to stick dei fratelli Heath. Il libro suggerisce alcuni principi per comunicare idee che rimangano impresse e provochino una qualche forma di reazione.

In breve le caratteristiche sono: semplicità, imprevedibilità, concretezza, credibilità, emozione, narrazione (in inglese le iniziali formano la parola “succes”).

Ho cercato di fare miei questi concetti e di diffonderli un poco nella presentazione, riuscendoci forse in parte:

Semplicità

Ho selezionato un solo concetto principale che fa da motivo a tutta la presentazione: il project management è una disciplina che funziona solo se il team è messo in condizione di condividere problematiche e successi.

Imprevedibilità

Come ultimo speaker di un’intensa giornata ho cercato di proporre qualche momento irriverente, come il paragone tra le avvertenze che si trovano sui pacchetti di sigarette e il project management. Altro momento di imprevedibilità è scoprire che di “project management 2.0” si parla in realtà già da metà anni ’80.

Concretezza

Nella seconda parte dell’intervento ho presentato alcuni prodotti che possono aiutare il project manager a facilitare la condivisione di informazioni con il team.

Credibilità

Mi sono affidato, oltre che all’esperienza, anche ad alcuni testi che ho elencato nella presentazione, come La struttura delle rivoluzioni scientifiche di Kuhn e i già citati Peopleware e The wisdom of crowds.

Emozione

Non ho voluto inserire nella presentazione alcuna foto di computer, rete o ufficio. Sarebbe stato più semplice, ma ho preferito lavorare con analogie prese dalla vita di tutti i giorni e alcune volte con situazioni portate all’estremo.

Narrazione

La presentazione inizia con una foto dalla mia scuola superiore, prosegue con la gita a Firenze in quarta liceo per conludersi agli Uffizi. Si intrecciano in realtà altre storie, come quella relativa alla rivoluzione copernicana e al tragico rientro dello Space Shuttle Columbia.

Foto e immagini

La presentazione contiene pochissimo testo, ma quasi un centinaio di immagini e foto. La quasi totalità proviene da Flickr e sono rilasciate sotto licenza Creative Commons (argomento di cui tanto si potrebbe discutere).

Flickr è un mare magnum e se è vero che vi si trova di tutto, può essere difficile riuscire a limitare la ricerca ai risultati di vero interesse.

Ho però trovato un metodo di lavoro che nel mio caso ha funzionato molto bene. Ho compiuto una prima ricerca immagini con iStockPhoto secondo i termini che mi sembravano più consoni. Qui ho individuato un insieme di immagini di interesse. iStochPhoto, come tutti i servizi professionali di acquisto foto, eccelle nella catalogazione. Grazie alle parole chiave con cui sono descritte le foto sono riuscito in tempi breve a trovare – quasi sempre – delle valide alternative in Flickr, che ho quindi usato.

Solo in taluni casi, parlo di 4 foto su 100, ho acquistato il materiale su iStockPhoto.

Strumenti

Ho realizzato gli screencast per le prove degli strumenti utilizzando ScreenFlow di Telestream. E’ uno strumento davvero facile da impiegare, che non compete sicuramente con prodotti blasonati per PC quali Camtasia, ma che per screencast di media complessità si comporta egregiamente. Le uniche pecche sono date dalle limitate possibilità di editing a seguito delle registrazione, soprattutto dopo aver effettuato dei tagli nella narrazione.

(Ho potuto verificare come Screenflow sia anche un ottimo strumento per effettuare test di usabilità di un software o di un sito. Su questo argomento mi piacerebbe ritornare in futuro.)

Tempo

80 ore. E’ il tempo che ho impiegato per la scelta del materiale, costruzione delle mappe mentali, definizione della presentazione, scelta iconografica, test. Due settimane di lavoro non sono propriamente poco tempo. Eppure stando a quanto riporta Nancy Duarte in Slide:ology, il tempo richiesto per una presentazione che si rispetti è solitamente compreso tra 36 e 90 ore. Ricordo di aver pensato a un’esagerazione quando l’ho letto, ma evidentemente sbagliavo.

Ho tenuto traccia dei tempi utilizzando un prodotto di time tracking di cui parlo nella presentazione, Paymo.