Il censimento dei web project manager 2008

Sono da poco usciti i risultati del sondaggio svolto dalla webzine A List Apart che per il secondo anno cerca di descrivere nel dettaglio le professioni di chi lavora con il web.

L’anno scorso ho isolato dal sondaggio i tratti salienti della professione del web project manager ed è quindi interessante confrontare alcune delle ipotesi emerse con i risultati del 2008.

Molte le conferme. Il web project manager:

  • segue un percorso formativo che nasce nella maggioranza dei casi dalla programmazione;
  • lavora solitamente per realtà di piccole dimensioni;
  • ha prevalentemente un’età compresa tra i 30 e i 40 anni;
  • lavora in azienda piuttosto che come libero professionista.

Vediamo nel dettaglio quello che è emerso. Alcune domande del sondaggio sono state riformulate rispetto al 2007 e un confronto diretto è pertanto solo indicativo.

In azienda o come libero professionista

Job title by workplace (2008)

Iniziamo da un dato che non è stato analizzato lo scorso anno: la percentuale di web project manager che lavorano in azienda rispetto ai liberi professionisti. Tra le diverse professioni web, il web project manager si trova più comunemente a lavorare in azienda piuttosto che esercitare la libera professione.

Il dato non stupisce e ne ho già parlato a proposito di una domanda nelle FAQ (Il web project manager è un consulente esterno all’azienda o un collaboratore interno?): il ruolo di coordinamento e gestione dei progetti del web project manager, le frequenti interazioni con il gruppo di lavoro e i clienti richiedono la sua costante presenza in azienda.

Esistono comunque casi in cui il web project manager è libero professionista; lavora per uno o più periodi di tempo (solitamente semestri) per aiutare le aziende con cui collabora a migliorare la gestione progetti.

Percentuale di web project manager

Job title (2007)

Job title (2008)

Tra i due anni non si apprezzano significative differenze relativamente alla percentuale di web project manager paragonata alle altre professioni.

Impressionante la percentuale che non ricade in nessuna delle numerose categorie indicate, più di un quarto. Sarebbe interessante capire quale sia la professione svolta.

Distribuzione dei web project manager per tipo di organizzazione

Job title distribution by organization type (2007)

Job title distribution by organization type (2008)

Il grafico indica la percentuale di web project manager impiegata nei diversi settori organizzativi. Rispetto allo scorso anno sono cambiate e sono state accorpate alcune categorie.

È possibile notare come la percentuale più alta di impiego (8.4%) sia presso piccole realtà. Una conferma dell’indicazione emersa lo scorso anno: il web project manager si trova a lavorare soprattutto per startup, realtà in cui rilasci frequenti e timing serrati richiedono la presenza di una figura che garantisca il raggiungimento degli obiettivi.

Distribuzione dei web project manager per gruppo di età

Job title distribution by age group (2007)

Job title distribution by age group (2008)

Confermato il trend per quanto riguarda l’età. Non si nasce web project manager (o non si dovrebbe), ma lo si diventa dopo aver maturato una certa esperienza, a partire dai 30/35 anni.

Distribuzione per sesso

Gender distribution by job title (2007)

Gender distribution by job title (2008)
Piccolo incremento per quanto riguarda il ruolo delle donne nel web project management, aumento confermato in quasi tutte le altre professioni, segno forse della maggiore visibilità data quest’anno al sondaggio.

Percentuale di lavoratori con retribuzione superiore a 100.000 dollari

Percentage of job title holders who earns salary of 1000k (2007)

Percentage of job title holders who earns salary of 1000k (2008)

Nessuna variazione di rilievo. Il grafico, come evidenziato l’anno scorso,  è comunque difficilmente rapportabile alla realtà italiana.

Rilevanza dell’istruzione per lo svolgimento del proprio lavoro

Perceived relevance of education by job title (2007)

Perceived relevance of education by job title (2008)

Cambia la percezione dell’importanza data agli studi.

Il fatto che un po’ tutte le professioni abbiano visto aumentare il dato si può forse giustificare dall’aver meglio espresso la domanda rispetto allo scorso anno. In generale, comunque, poco più del 50% dei rispondenti ha indicato come rilevante il proprio piano di studi nei confronti della professione, suggerendo che sotto questo punto di vista c’è ancora molto da fare.

Soddisfazione per il proprio lavoro

Job satisfaction by job title (2007)

Job satisfaction by job title (2008)

Le percentuali aumentano di molto rispetto all’anno scorso: forse anche in questo caso la domanda era stata mal posta nel 2007.

In percentuale però la soddisfazione dei web project manager, se paragonata alle altre professioni, aumenta in proporzione minore, tanto che dal primo posto si passa a metà classifica.

Impegnativo trarre una conclusione vista la variabilità in così poco tempo. Probabilmente il ruolo del web project manager, in alcuni contesti, non trova lo spazio che merita.

Ma forse è anche tempo che il project management maturi da disciplina che relega tutte e sole le responsabilità al project manager a vera e propria fonte di leadership e visione (di questo parlerò in parte nel mio intervento a Firenze il prossimo mese)

La percentuale di web project manager che scrive in un blog

Prelevance of blogging by job title (2007)

Prelevance of blogging by job title (2008)

Il web project manager è fanalino di coda quando si parla di scrivere in un blog.

Come indicato già lo scorso anno, il motivo può essere legato alla difficoltà di parlare di una professione molto legata ai rapporti personale e meno alla “scienza”. Difficile, ma non impossibile. Un vero peccato.

Partecipazione a eventi formativi

Perceived relevance of education by job title (2007)

Perceived relevance of education by job title (2008)

Anche questo risultato è in linea con lo scorso anno.

Il web project manager è una tra le figure professionali che più partecipa ad eventi formativi. La percentuale è molto vicina a quella di professionisti che per cultura e necessità sono abituati a una formazione continua, come i designer di interfaccia e i diversi tipi di consulenti.

L’eterogeneità di competenze richieste a un web project manager, sia in termini manageriali sia tecnici è sicuramente un fattore che giustifica queste percentuali.

Lacune professionali

Perceived back end skill gaps by job title (2007)

Perceived back end skill gaps by job title (2008)

Come per l’anno scorso, mi limito a riportare uno solo dei 4 grafici che indicano le difficoltà che i web project manager incontrano nello svolgimento del proprio lavoro.

Relativamente alla programmazione lato server meno del 17% dichiara di avere lacune rispetto al totale. Questo dato, se confrontato con la programmazione lato client, conferma una tendenza anticipata lo scorso anno, ovvero che web project manager si diventa molto spesso partendo da ambiti che sono vicini alla programmazione, più che dal design o al marketing.

Il vero web sociale al Romecamp

Sono convinto che l’innovazione, le buone idee e gli spunti di qualità nascano in prevalenza nei momenti difficili e di avversità. Una situazione economica in declino favorisce questo tipo di processi, ma non è l’unico fattore. Se penso alle persone che mi circondano – amici, colleghi, conoscenti – mi accorgo che chi si è dato da fare per ottenere e riuscire è molte volte chi si è trovato nella vita a percorrere una strada in salita rispetto ai coetanei.

Al Romecamp il primo fattore, la crisi economica – che io chiamo affettuosamente “la fame” – non ha prodotto risultati di rilievo nel migliorare la qualità dei contenuti (probabilmente perché è ancora un po’ troppo presto e gli effetti di quello che sta accadendo non sono ancora chiari). Le presentazioni e conversazioni a cui ho assistito e partecipato erano tutte più che dignitose, anche se un po’ povere di reali idee da sviluppare.

Ma al Romecamp c’era anche chi se ne intende di strade in salita e di situazioni non sempre facili da affrontare. Non è allora un caso che gli spunti più interessanti che ho portato a casa siano nati nel corso dell’intervento di Alessandro Marzi e Maria Di Profio di Strada Sociale, il progetto territoriale per la riqualificazione economica-sociale di via Toscani, a Monteverde.

Se volete capire le vere potenzialità del web 2.0, di un blog e di Facebook al di fuori del nostro mondo geek, ascoltate con attenzione le parole di Alessandro: per spiegarvelo e convincervi impiega circa un paio di minuti. Se dubitate del successo dell’iniziativa fatevelo raccontare nella seconda parte dell’intervento da Maria. E, quando avete finito, magari riascoltate tutto una seconda volta (streaming permettendo).

Dal nanopublishing al nanoplagiarism

Mi ha colpito l’intervento di Dario Salvelli di qualche mese fa, in cui l’autore parla di alcune brutte esperienze di nanopublishing, soprattutto riguardo i compensi esigui e dipendenti da variabili arbitrarie, come il successo del network su cui si scrive.

Non faccio troppa fatica a credergli. Probabilmente i contratti di questo tipo prevedono un compenso di pochi euro e la cifra non entusiasmante è giustificata dal fatto che non è necessario scrivere interventi lunghi o articolati, ma sono sufficienti pochi paragrafi. L’inserimento inoltre non richiede molto tempo, in quanto si basa su una piattaforma di blogging collaudata e facile da imparare, come per esempio WordPress. Basta avere un’idea e in pochi minuti si mette tutto online.

L’idea. E’ in effetti per l’idea che si dovrebbe essere pagati, non per la facilità di pubblicazione o per la brevità di un intervento. E avere una buona idea è tutt’altro che semplice e veloce: vuol dire leggere, studiare, prendere appunti, scarabocchiare, condividere, confrontare.

Pochi euro e allora il blogger si ingegna e mette in atto alcuni semplici escamotage. Il più usato prevede di produrre contenuti che sono traduzioni, più o meno palesi, di idee di qualcun altro, solitamente blog di argomento similare e in lingua inglese. E’ quello che fanno la maggior parte degli autori di nanopublishing in Italia. Che si tratti di sviluppo, web design, mondo Mac o open source, non vi ci vorrà più di mezz’ora per capire da quali fonti gli autori traggono le proprie ispirazioni. Più che nanopublishing varrebbe forse la pena chiamarlo nanoplagiarism.

Evidentemente va bene così. Tutto ingrassa, non si butta via nulla, come con il maiale. Sembra anche che vengano predisposte vere e proprie tabelle di marcia, maratone di pubblicazione, da quello che si capisce dall’intervento di Salvelli. Se rimani indietro, sei fuori.

Non ci sono per fortuna solo esempi negativi. E’ senza dubbio facile parlare bene di una realtà per cui si collabora, ma ritengo che Edit di html.it sia un’oasi felice. Oltre a essere un blog coordinato da figure di cui ho potuto apprezzare le capacità, anche lo spirito di squadra che si è venuto a creare nel tempo tra i diversi collaboratori rende elevata la qualità degli interventi. Eppure non c’è stato bisogno di stilare chissà quali regole o di spronare alla massima produttività.

Si potrebbe comunque fare di più anche in Edit e speravo che l’occasione potesse essere la migrazione a WordPress. Mi piacerebbe che il mio nome, ripetuto in testa a ogni intervento, non fosse collegato a un anonimo indirizzo di posta elettronica, ma a una pagina di profilo. E, per non rimanere sul vago, non a una pagina di profilo striminzita in cui ogni link è rigorosamente non cliccabile, per paura che un lettore su un milione abbandoni il sito.

Aspirerei a qualcosa di simile a quanto fa, egregiamente, il Time. Se entro in uno dei blog del network, per esempio quello di Lisa Takeuchi Cullen, trovo una foto e un breve profilo dell’autrice, oltre che un link a una pagina biografica approfondita.

Grazie alla visibilità che porta un profilo del genere sarei probabilmente disposto a scrivere anche senza compenso.

Aggiornamento del 25 Settembre 2008: Edit ha introdotto la pagina di profilo per gli autori. Sicuramente non come ha fatto il Time, ma è almeno un inizio.