Url statici meglio dei dinamici

Pensavo che, ormai, non facesse più alcuna differenza per un motore di ricerca trovarsi di fronte a un URL statico (http://www.sito.it/percorso/pagina.html) piuttosto che uno dinamico (http://www.sito.it/percorso/pagina?parametro1=valore&parametro2=valore).

Un intervento che ho trovato in Search Engine Watch sembrerebbe però smentire le mie certezze. Stando ai dati presentati, la conversione degli URL del sito PlumberSurplus.com da dinamici a statici ha quasi raddoppiato, in quattro mesi, le pageview provevienti dai motori di ricerca.

Fosse vero, si trattarebbe di una notizia su cui riflettere, visto che ancora oggi molti CMS aziendali producono URL in forma dinamica.

Leggendo l’intervento si capisce però che, contestualmente alla migrazione dei contenuti, per questo sito sono state introdotte altre attività di ottimizzazione a favore dei motori di ricerca.

Rimane quindi il dubbio: quanto, nell’aumento delle pageview, è dovuto alla conversione degli URL e quanto, invece, agli altri interventi?

Nell’intervento si tocca anche un altro aspetto importante da tenere in considerazione quando si compiono operazioni di conversione di URL, e cioè la necessità di mantenere in ogni caso funzionante anche la vecchia modalità di accsso. Ne ho parlato, ormai quasi due anni fa, nell’intervento Sito nuovo, Url vecchi qui su Fucinaweb.

Google e la sicurezza

Google ha recentemente pubblicato un documento [Pdf, 70Kbyte] in cui evidenzia le strategie che adotta nell’ambito della sicurezza e della protezione alle vulnerabilità. Lo scopo è di garantire la riservatezza e integrità dei dati che ogni giorno transitano nella propria rete.

Di tutto il documento un punto di discussione lo merita senza dubbio la sezione Logical Security. Traduco in libertà:

Gran parte della tecnologia di Google è scritta per risolvere problemi ed esigenze specifiche piuttosto che generali. Lo strato di web server, per esempio, è stato progettato e sviluppato da Google in modo che esponga solo le operazioni necessarie alle nostre applicazioni. Per questo motivo non è vulnerabile agli attacchi così come lo sono solitamente i software commerciali.

Il discorso non fa una grinza ed è condivisibile. Mi chiedo però se da qualche parte sia possibile scaricare liberamente i sorgenti di questo web server oppure si tratti di una versione riservata, come temo. Perché se è così questa storia sa tanto da Microsoft e dall’idea che, creando un software proprietario senza liberalizzare i sorgenti, diminuisca la possibilità che qualche malintenzionato ne scopra le vulnerabilità. La storia ha più volte smentito questa convinzione.

Google è web 2.0?

Se web 2.0 vuol dire per le aziende, tra le altre cose, un approccio di trasparenza verso i propri clienti e utenti, mi chiedo se Google si possa considerare una realtà 2.0.

Parlo in particolare dei weblog che riguardano i tanti prodotti realizzati in questi anni: quello di Adsense, di Adwords, di Google Desktop e di quello ufficiale, oltre che tanti altri.

Prima di lanciare un blog ufficiale quelli di Google hanno aspettato diverso tempo. Trattandosi di una società quotata, probabilmente a ragione si è scelto di porre qualche cautela prima di percorrere questa strada.

Ma non vi sembra manchi qualcosa per definire queste pagine dei “veri” weblog, cioè la possibilità per gli utenti di inserire dei commenti? Si tratta di una delle funzionalità base di un weblog, eppure non esiste questa possibilità. Certo è possibile “mandare” un trackback verso il singolo post, ma è un’altra cosa. I commenti sono vere e proprie discussioni che nascono, e molte volte arricchiscono, lo stesso post.

Quelli che vengono spacciati per interventi nei weblog di Google, a ben guardare, somigliano più ai vecchi comunicati stampa che fanno tanto “1.0”. Una comunicazione a senso unico che mal si addice a chi si propone come innovatore in questo campo.