Categorie e tag, ricette e ingredienti

Con il rilascio della versione 2.3 di WordPress la gestione dei tag associati a un intervento è ormai una caratteristica nativa della piattaforma. A volte però non è così chiaro, per chi si trova a gestire il sito, quando sia preferibile utilizzare i tag e quando invece le categorie. WordPress 2.3 permette perfino di convertire le categorie in tag, così da aumentare l’indecisione.

La domanda che ci si pone è più o meno questa: “Meglio abbandonare del tutto le categorie, non usare proprio i tag o in qualche modo dare a ognuno dei due il proprio ruolo?”.

Può aiutare a rispondere un intervento di Lorelle di qualche mese fa, Are Tags Working For You?. L’articolo affronta anche altri temi, ma mi limito a riportare questa breve considerazione:

Le categorie sono il sommario del blog. I tag sono le parole presenti nell’indice.

La categorie sono quindi usate per definire il contesto in cui “si muove” l’intervento, l’argomento generale di cui si occupa. I tag invece sono definiti dopo un’analisi del testo e dei termini principali che lo compongono, che è poi lo stesso procedimento usato per realizzare l’indice di un libro.

Io solitamente uso un un altro esempio, quello delle ricette e degli ingredienti. Le categorie sono per me le tipologie di piatto della ricetta, quindi primi, secondi, verdura, dolce. I tag sono invece paragonabili agli ingredienti che compongono la ricetta, fragole, farina, uova, lievito.

In questo modo sottolineo anche un’altra differenza tra categorie e tag: le tipologie di piatto, sono in numero limitato o – meglio ancora – sono definite a priori. Lo stesso dovrebbe succedere per le categorie di un blog. Se vi trovate ogni giorno ad aggiungere una nuova categoria, i casi sono due: non le state usando come si deve o non avete ancora capito di cosa parlerà il vostro blog. In entrambi i casi c’è qualcosa che non funziona come dovrebbe.

Gli ingredienti, invece, sono in numero molto variabile, non infinito, ma in un’altra scala rispetto alle tipologie di piatto. Proprio come i tag.

Per me la selezione della categoria di appartenenza di un intervento è un’operazione che quasi sempre avviene prima della scrittura dello stesso intervento. So già quali sono gli argomenti di cui parlerò, per cui la scelta della categoria è una logica conseguenza. Aggiungo invece i tag dopo aver scritto l’intervento, ma anche dopo averlo riletto, adattato e modificato. Scorrendo la lettura evidenzio le parole significative presenti nell’intervento e le riporto nella casella dei tag, avendo l’accortezza di seguire qualche linea guida come per esempio l’uso – dove possibile – della lingua italiana, e del singolare.

Poiché i tag sono parte di un indice ipertestuale, cerco inoltre di sfruttarne questa potenzialità. Al Future of Web Apps di Londra dello scorso anno, per esempio, ho inserito in coda a ogni intervento un link di rimando a tutti gli articoli contenenti il tag fowa2007. I tag possono quindi essere impiegati anche per aggregare tra loro tutti gli interventi che trattino lo stesso micro-argomento.

Il saccheggio dei blog

Curioso il modo con cui siti come repubblica.it o corriere.it hanno gestito le notizie legate all’uccisione in autogrill del tifoso laziale o all’assassinio della ragazza inglese a Perugia.

I protagonisti di queste storie avevano una presenza in internet, una pagina su Facebook o un blog e l’informazione è ben presto arrivata ai giornali.

Sarebbe stato lecito aspettarsi che gli articoli pubblicati in questi giornali online contenessero qualche rimando al blog, per esempio una selezione di link verso interventi che cercassero di spiegare comportamenti o passioni di questi ragazzi. E’ quello di cui Dan Gillmor parla in We the media, cioè il ruolo del giornalista come editor, selezionatore e propositore delle fonti:

I take it for granted that my readers know more than I do, and this is liberating, not threatening. Our core values, including accurancy and fairness, will remain important. Our ability to shape larger conversations will be at least as important as our ability to gather facts and report them.

E’ però molto difficile trovare i link ai blog in questi articoli, se non nascosti in fondo a qualche spalla del sito o annegati alla fine della pagina. Quello che in realtà è successo è che i giornalisti si sono appropriati dei contenuti copiandoli nei propri articoli, saccheggiandoli. Sono state saccheggiate le frasi da riportare in brevi articoli di contorno e sono state saccheggiate soprattutto le foto, finite a comporre gallerie fotografiche al solo scopo di aumentare le pageview del giornale. Sarebbe stato più corretto, oltre che più semplice, riportare un link al blog, eppure non è quasi mai stato fatto.

E’ questo a cui serve un blog, i nostri blog? A fornire materiale pronto all’uso per redattori insonnoliti e pigri? I contenuti di un blog hanno senso se analizzati nel complesso, mentre un solo intervento, isolato dal resto, non ha valore.

E pensare che molti di questi giornali online sono convinti di utilizzare una struttura innovativa, a blog. Ma di blog c’è – per l’appunto – solo la forma, non il contenuto.

Non è una novità. Lo stesso David Weinberger, durante il suo intervento allo IAB Forum la scorsa settimana (ma anche in quello dell’anno scorso a Parigi), lamentava l’atteggiamento di alcuni siti, come quello del New York Times, realtà in cui perfino i banner portano nuovamente a una pagina interna del sito.

Non sarà una novità. Ma ogni volta che vedo questi comportamenti mi auguro sia l’ultima.

Blogging alle conferenze

La mia valigia per il FOWASto ultimando la valigia per il FOWA: macchina fotografica, blocco appunti, batterie, portatile…l’arsenale tecnologico è al completo.

Spero di avere la possibilità di scrivere dalla conferenza e – guarda caso – scorrendo i feed Rss ho trovato questo interessante intervento di Bruno Giussani, Tips for conference bloggers.

C’è il link a un agile manuale in PDF, meno di 10 pagine, ricco di suggerimenti che per chi vuole scrivere per il proprio blog il riassunto di una conferenza durante lo svolgimento.

I suggerimenti, alcuni ovvi, altri meno, sono raggruppati per categorie:

  1. strumenti
    • carica la batteria del portatile
    • ricordati di sederti dove ci sono le prese di corrente
    • guarda che il portatile scalda le gambe (vero!); procurati qualcosa per proteggerle
    • organizzati per tempo
  2. posizione
    • non sederti nelle prime file, perché potresti disturbare, né al centro
    • fai vedere che stai seguendo la conferenza, e non rispondendo alle tue email private
  3. preparazione
    • guarda il programma della conferenza e preparati delle bozze con almeno il titolo dell’intervento, meglio se con il profilo dello speaker e i link al suo blog
    • mettici magari anche una foto
    • prova a iniziare già l’intervento, così partirai con il piede giusto quando sarai costretto, durante la conferenza, a lavorare in multitasking

Mi fermo ai primi 3 punti, perché rischio di fare tardi: leggerò il resto in aeroporto. Intanto date un’occhiata al documento, ne vale la pena.

Ci vediamo!