L’agile non è affatto semplice

Manca una settimana a Better Software e questa è l’ultima delle interviste che ho realizzato con alcuni speaker. Dopo Luca Mearelli (Quel che resta del backoffice) e Jacopo Romei (Il project manager in un mondo agile) è la volta di Alberto Brandolini, che parlerà di come gestire la transizione verso l’agile nell’intervento dal titolo “Non è affatto semplice“. Per quanto mi riguarda, vi aspetto lunedì 27 giugno alle 13.15 in auditorium per “Guerrilla Web Project Management“.

“Non è affatto semplice” gestire la transizione verso un approccio agile, come spiegherai nel tuo intervento a Better Software. Come mai?

Se posso individuare una causa prima per gran parte dei problemi in ottica di gestione dei progetti di sviluppo software, è nel perdurante tentativo di adottare strumenti e modalità di ragionamento che non sono adeguati ad un Sistema Adattivo Complesso quale un team di sviluppo.

Cercare di maneggiare questo tipo di complessità con un diagramma di Gantt, ad esempio, è come cercare di fare il bagno al vostro gatto (vi si rivolterà contro ed i costi supereranno di gran lunga i benefici). Ma non è sempre facile accettare questo tipo di transizione: istintivamente siamo a portati a credere che il sistema debba essere deterministico, ed ammettere che non lo sia (non lo può essere) per molti suona come una resa, o una mancanza di professionalità. L’altro aspetto “rivoluzionario” è legato alla trasparenza. Spesso un sacco di energie sono dedicate a nascondere o non dire certe cose, o semplicemente a comunicare solo con “alcuni” nella convinzione che “altri non necessitino di essere informati” o “non debbano essere informati”. Non ho ancora avuto modo di vedere progetti messi nei guai dalla trasparenza.

E’ chiaro che un approccio trasparente cambia anche la natura della gestione dei rischi. Molti rischi sono trattati esplicitamente, e l’approccio è diametralmente opposto al “potete fidarvi di me” che caratterizza alcuni colleghi. Il primo step spesso è proprio l’opposto: terrorizzare il management, per rassicurare il team. Ma la direzione è quella di una reciproca fiducia nella capacità di team e management di gestire i rischi ed uscire dalle situazioni critiche.

Il ruolo di cui si sente molto la mancanza è quello di un “portatore di Visione”: se la visione è condivisa con il team, le scelte che vengono fatte in corso d’opera saranno coerenti con questa visione, ed il prodotto rifletterà questo approccio. La User Experience spesso è una grande cartina al tornasole della capacità di condividere una visione.

Come cambia la figura del project manager nell’agile?

La maggior trasparenza sul reale stato di avanzamento del progetto, permette di giocare d’anticipo. Fin dalle prime settimane del progetto si può capire se gli obiettivi sono realizzabili nella configurazione attuale, oppure se è necessario intervenire su date, scope del progetto o skills del team. Aspettare non è un’opzione consigliata.

La conseguenza di questo approccio è che le cattive notizie vanno date presto. Per poter portarne di buone al termine del progetto.

L’altro aspetto forse più difficile da digerire è la riduzione della componente decisionale. Non è sensato che un Project Manager si faccia personalmente carico di un gran numero di decisioni. Il PM è responsabile del fatto che determinate decisioni vengano prese, nel modo più efficace possibile. E’ tutto da dimostrare che prendere certe decisioni in autonomia, a porte chiuse e, successivamente <sarcasmo>con grandissima capacità comunicativa</sarcarsmo> informare il team della decisione presa sia la strategia migliore per il successo del progetto.

Può il team di sviluppo aiutare il project manager in questo nuovo ruolo, e come?

Deve. Anche in questo caso la trasparenza è fondamentale. Ci sono esigenze reciproche che vanno comprese. Il Project Manager deve avere accesso a tutta una serie di informazioni sull’andamento del progetto e queste devono essere reali. L’enfasi sulla scomposizione in User Story ad esempio serve anche a dare una misura dell’avanzamento reale, in termini di features completate anziché di “lavoro svolto”. Ma dal punto di vista dello sviluppatore, l’approccio può non essere intuitivo o apparire sub-ottimale. Nello sviluppo agile ci sono meno cose da fare (es. il gantt) ma molte più cose da fare insieme. E la comprensione del punto di vista degli altri ruoli coinvolti è fondamentale.

Alberto Brandolini è un professionista dell’information technology con il pallino di vedere tutto da un’angolazione diversa e di cercare di risolvere il prossimo problema. Consulente, docente, speaker, imprenditore, blogger, autore, in Italia ed all’estero, in determinate circostanze riesce anche a sembrare una persona seria.

Guerrilla web project management

Il web project management è caratterizzato da peculiarità che lo differenziano dal classico software project management, come la continua e variegata evoluzione tecnologica e la gestione concorrente di progetti di piccole, medie ed elevate dimensioni (ne ho parlato a proposito delle FAQ sul web project management). E’ così dagli inizi di questa disciplina.

Nell’ultimo periodo le cose sono però precipitate.

Complice la crisi, al web project manager è richiesto di rivedere e riconsiderare l’impegno di ogni professionista al lavoro sul progetto, per cercare di contenere quanto il più possibile i costi. E di tutte le voci la più penalizzata risulta proprio il web project management.

Si cercano di ridurre i meeting e gli incontri con i clienti, di guadagnare tempo con le specifiche (che tanto cambieranno in corso d’opera), di eliminare o contenere le fasi di test. E se non c’è tempo per completare i wireframe o caricare i contenuti nel CMS, ci penserà in qualche modo il web project manager grazie alle sue eclettiche capacità.

Anche l’aumento delle piattaforme e dei device non aiuta. Se fino a ieri si parlava di progetto web, è sempre più probabile che lo stesso progetto venga declinato su mobile e tablet, e condiviso su social network. Chi si occupa, con budget risicati, dell’aggiornamento della pagina Facebook, del caricamento e verifica delle applicazioni nello store di iTunes, del test su iPhone? Il web project manager.

Il risultato è che il web project manager si trova alla lunga a svolgere qualunque ruolo, fuorché il proprio, diventando ben presto il collo di bottiglia del progetto, anche se è la prima persona a entrare e l’ultima a uscire dall’ufficio.

E’ possibile ridare un po’ di serenità a questa professione, o forse i giorni del web project management sono contati?

Ne parlerò  il 27 giugno a Firenze a Better Software, nel mio intervento dal titolo “Guerrilla web project management“.

Recruitment 2.0

Qui sotto trovate la presentazione che ho tenuto oggi a Better Software 2010, relativa a come i network sociali, i blog e i profili professionali in internet possono aumentare le possibilità per i candidati e le aziende di entrare in contatto e di collaborare.

Cosa c’entra il recruitment con il web project management? C’entra, perché come ho modo di dire nella presentazione cambia il ruolo di chi entra per primo in contatto con i candidati più interessanti. Se una volta era l’ufficio del personale a trovarsi in prima linea, oggi lo sono le figure professionali più vicine al candidato che si sta cercando, quindi anche il web project manager.

Sono slide molto visuali, che poco dicono senza un commento audio. E, per il secondo anno consecutivo, sono riuscito a sbagliare la procedura di registrazione dell’audio che avrei voluto aggiungere, che non sarà disponibile fino a quando gli organizzatori non pubblicheranno il video completo.

Per farmi perdonare, però, vi rendo disponibile per il download un documento pdf con tutte le note della presentazione (11 pagine) , in cui ogni slide è commentata con lo stesso dettaglio della presentazione orale.

Update: ho aggiunto l’audio alla presentazione.