Quello di sabato scorso a Ljubljana (Slovenia) è stato il primo barcamp a cui abbia partecipato. O, meglio, il primo barcamp a cui abbia partecipato degno di questo nome.
Il successo dell’iniziativa va equamente suddiviso tra gli organizzatori, chi è salito sul palco e chi ha riempito le aule.
Gli organizzatori hanno individuato una formula semplice, ma vincente:
- 20 minuti di cronometro per ogni intervento comprese le domande, senza possibilità di sforare
- sessione finale con interventi di 5 minuti senza domande per invogliare anche gli indecisi a partecipare
- richiesta esplicita di presentare in inglese (perché in Slovenia l’inglese lo sanno, mica come da noi)
- colazione e pranzo gratuiti e maglietta a 10 euro per finanziare l’evento
- party serale per concludere tutti insieme la giornata
A ognuno va il merito di aver partecipato attivamente con centinaia di domande, richieste e puntualizzazioni e interventi quasi mai banali.
Un barcamp che ha tanto da insegnare a chi propone eventi simili in Italia:
- gli organizzatori hanno seguito tutti gli interventi (quando non ne hanno proposto loro stessi), piuttosto che limitarsi a fare public relation;
- si è rinunciato allo streaming dell’evento (possibilità costosa e inutile visto che un barcamp è fatto di conversazioni) per destinare le risorse a migliorare l’esperienza di chi al barcamp ci è andato;
- chi è salito sul palco ha sviluppato la propria presentazione perché durasse poco ma soprattutto per dare molti spunti agli interventi di chi segue. E’ facile dire che al barcamp non ci devono essere spettatori, ma bisogna mettere le persone in condizione di partecipare
Tutto questo senza sponsor stratosferici o star di prim’ordine.