Gli articoli più letti nel 2011

Fine anno. Questi sono i 5 articoli più letti e pubblicati nel 2011 su Fucinaweb. La classifica tiene conto sia delle visite del sito, sia delle letture tramite il feed RSS.

Guerrilla web project management

Le slide con l’audio della mia presentazione a Better Software dello scorso giugno. Come può evolvere la professione del web project management in un mondo complesso?

Dietro le quinte di un progetto

Il blog della BBC è una ricca miniera per imparare da casi concreti il design e redesign di un progetto web.

Progettare con la carta

La creazione di bozzetti di carta è un approccio quantitativo che permette di valutare e migliorare in poco tempo diverse soluzioni per la progettazione di un servizio.

Checklist e web project management

Cosa hanno in comune un chirurgo e un web project manager? L’uso delle checklist per ridurre la probabilità di errore.

A ogni cosa il suo nome

figo.psd e che_palle.zip: quando è il caso di definire una nomenclatura condivisa.

Dietro le quinte di un progetto

Non sapete quanto mi piacerebbe scrivere in questo sito come si articola nel dettaglio il processo di progettazione e creazione di un progetto online, soprattutto di uno di grandi dimensioni che vede coinvolte molte e diverse professionalità.

Ma non lo faccio.

Non lo faccio non perché voglia tenermi ben stretto tutto quello che ho imparato in questi 15 anni di lavoro.

Non lo faccio perché non posso.

Non posso perché a monte della mia attività di consulenza (e, in passato, di dipendente) c’è quasi sempre un accordo di riservatezza: non posso parlare dei dettagli del mio lavoro.

Non giudico se quella di far firmare clausole del genere sia una strategia efficace, ma mi dispiace non poter condividere esperienze o casi di studio pratici che difficilmente trovano posto nei libri. La realtà è spesso diversa da quella che si legge nei testi accademici.

Quello degli accordi di riservatezza è però un vizio che si propaga con una certa velocità. Se fino a ieri interessava le aziende di grandi dimensioni, mi capita sempre più spesso di sentire amici e colleghi che si trovano a firmare un accordo di questo tipo anche per progetti di poche migliaia di euro.

Ma non è di questo che volevo discutere oggi (segnalazioni riguardo la vostra esperienza nei commenti sono comunque molto bene accette, se non altro per capire l’entità del fenomeno).

C’è infatti chi per fortuna non ha problemi a condividere nel dettaglio la propria esperienza, come nel caso della BBC.

Un esempio su tutti è il redesign del meteo, che è stato descritto magistralmente dal team di lavoro in BBC Weather: Design Refresh in Pictures. Perché magistralmente?

  • Perché indicano l’intero processo di progettazione e non solo una parte
  • Perché presentano grafici e diagrammi (come quello relativo alle 5W – Who, When, Why, Where, What) che si aprono a tutto schermo, così da leggere per intero quello che c’è scritto, senza segreti
  • Perché elencano le parti del sito precedente a cui hanno rinunciato, e il motivo
  • Perché non si vergognano di far vedere che tutto prende vita dai bozzetti su carta (ne scrivevo giusto qualche settimana fa)
  • Perché indicano chiaramente la vision e come ogni professionista al lavoro sfrutti le proprie competenze per raggiungere gli obiettivi
  • Perché sottolineano l’importanza delle icone e della infografica (quella fatta bene) in un progetto di questo tipo.
  • Perché sapevano che descrivere nel dettaglio la complessa macchina del redesign avrebbe attirato le (inevitabili) critiche di chi si trovava meglio con la versione precedente (vedi i commenti 12 e 13)
  • Perché scrivono nero su bianco il nome delle agenzie e dei partner che li hanno aiutati nella progettazione del sito, invece di tenerli nascosti (magari facendo firmare un documento di riservatezza, giusto per ritornare al tema iniziale)

La possibilità di condividere così nel dettaglio la propria esperienza deriva probabilmente anche dal fatto che la BBC è pagata dalle tasse dei contribuenti e questo è un modo di far capire come sono impiegati questi soldi e di ritornare un po’ della conoscenza maturata.

Sarebbe allora bello che la Rai facesse lo stesso, ma vista la qualità dei progetti che mettono online forse sono ancora nella fase precedente, quella in cui devono ancora imparare come si fa a realizzarlo, un sito.

L’usabilità preventiva nel web

Cosa intendo con usabilità preventiva nel web? Intendo la capacità, per un sito o servizio, di anticipare e guidare l’utente allo scopo di limitare lo sforzo richiesto per raggiungere i propri obiettivi.

Il visitatore, si sa, ha poco tempo da perdere, o almeno ci piace crederlo. Allora perché non agevolare la sua navigazione filtrando quello che potrebbe interessargli rispetto all’intero contenuto del sito?

Le strade per implementare questo tipo di soluzione sono diverse. La strada più percorsa, quella classica, è di chiedere esplicitamente al visitatore qualche informazione preventiva, come la nazione o la lingua, così da fornire subito quello che è più adatto alle sue esigenze. E’ il caso di un sito di e-commerce che calcola le spese di spedizione o di un sito multilingua che presenta le “bandiere” nazionali da qualche parte nella pagina.

Un’altra strada, usata soprattutto da siti che prevedono l’iscrizione del visitatore, è quella di permettere la personalizzazione, anche spinta, degli elementi dell’interfaccia grafica. Quello che fa, tanto per capirci, l’homepage personalizzata di Google.

C’è una terza possibilità. Il server web di cose sul navigatore ne sa infatti parecchie, dalla risoluzione del monitor al numero di colori, dalla nazione di provenienza alla lingua usata. Di solito queste informazioni sono usate, a posteriori, a fini statistici. E’ quello che si fa per esempio con Google Analytics. Nessuno vieta di usare alcune di queste informazioni nel corso della navigazione dell’utente, così da agevolare alcune operazioni. Anche di questo parla l’interessante presentazione di Stephen Anderson di cui ho parlato qualche mese fa, in cui l’autore immagina un form che presenti precompilata la nazione di provenienza basandosi sull’indirizzo di IP (con possibilità, ci mancherebbe, di modificare il dato).

Questo terzo approccio, se ben impiegato, senza per forza voler strafare, potrebbe ridurre l’attività svolta “inutilmente” del visitatore.

Vediamo come con un’esperienza – negativa – vissuta in prima persona.

Incuriosito dal rilascio da parte della BBC dell’iPlayer, un software che permette il download dei programmi dell’emittente britannica trasmessi nell’ultima settimana, l’ho voluto provare. Ecco la cronistoria delle faticose operazioni che ho compiuto un mese fa. Oggi le cose sono diverse, proprio perché la stessa BBC ha impiegato qualche semplice tecnica di usabilità preventiva.

In coda

Ho richiesto un invito per partecipare al programma e ho atteso pazientemente. E’ passata circa una settimana e ho ricevuto nella mia casella un accredito, cioè un login e una password

Login con sorpresa

Dal sito iPlayer ho cercato il login e mi è apparsa la relativa schermata.

image

Si tratta di una finestra modale. Un peccato, perché mi ha impedito di accedere a Gmail dove erano salvati login e password, che ho allora dovuto copiare e incollare da un documento di testo.

Selezione del programma

A questo punto mi è apparsa la pagina principale dedicata ai programmi, in perfetto stile web 2.0.

image

Da qui ho navigato verso un qualcosa che mi interessava, in particolare un documentario sulle montagna.

Download

Ho cliccato sulla scheda del programma e mi si è presentata la possibilità di procedere con il download, come del resto mi sarei aspettato.

image

Problema 1: il browser

image

Ma non avrei dovuto usare Firefox, perché il sito è per il momento rivolto solo a utenti Internet Explorer. Anche se avessi usato il Mac non avrei avuto fortuna migliore. Ho allora ripetuto tutta la procura e mi sono autenticato con Internet Explorer.

Problema 2: la versione di Windows Media Player

Questo problema è quasi divertente. Anche se il computer sembra soddisfare tutti i requisiti presenti in questa pagina, c’è ancora qualcosa che non va.

image

Si tratta in realtà – è bastato poco per scoprirlo – della versione di Windows Media Player, che va quindi aggiornato. Scarichiamo il player, installiamo e ricominciamo da capo. Login, ricerca, selezione, ecc.

Download e installazione di iPlayer

image

A questo punto mi è stato chiesto di procedere con il download di iPlayer, che è un programma Windows a tutti gli effetti. L’ho scaricato, installato e sono poi ritornato per l’ennesima volta sulla scheda del programma e ho – finalmente – potuto richiederne la visione. Ricevendo questa pagina in risposta:

image

In poche parole: non posso usare il servizio perché mi sto connettendo da fuori della Gran Bretagna. Non posso fare nulla, il servizio è disponibile solo a chi vive lì. Fine, stop, punto.

La colpa, diciamolo francamente, è mia. Se avessi letto con attenzione le pagina fitta fitta di requisiti avrei trovato il riferimento a questo limite fondamentale e avrei risparmiato mezz’ora di tentativi.

Qualcosa in più l’avrebbe potuta però fare anche lo stesso sito della BBC. E oggi è infatti così: non riuscirete più ad ottenere una login e una password per accedere alle schermate che ho riportato qui sopra, perché ancora prima della richiesta di un accredito per la versione beta troverete ad attendervi il messaggio che vi avvisa del requisito principale, ovvero di essere residenti in Gran Bretagna.

L’esempio di iPlayer è sicuramente al limite, in quanto l’IP è usato addirittura per impedire l’accesso a una sezione (limite che con un po’ di impegno è comunque possibile aggirare).

Eppure in casi più semplici, come la precompilazione di alcuni dati nelle maschere di inserimento, i dati lasciati dal browser dell’utente potrebbe essere usati, una volta tanto, per risparmiargli un po’ di tempo piuttosto che per spiarne il comportamento.