Project manager: leader o ragioniere?

Interessante l’intervento dal titolo Are you a leader or a tracker? scritto da Scott Berkun, già autore del testo The Art of Project Management.

Berkun si riferisce al termine project manager, spesso utilizzato per descrivere figure professionali che project manager in realtà non sono.

Secondo Berkun può definirsi project manager chi sovraintende l’intero processo, chi approva i budget, chi decide la composizione del gruppo di lavoro e la suddivisione dei compiti (di questo ho parlato nella Introduzione al web project management, anche se il mio intervento era riferito in particolare al mondo internet). In casi come questo il project manager è a tutti gli effetti un project leader.

Se invece il lavoro svolto si limita al controllo dell’andamento del progetto, per poi riportare le analisi in documenti consegnati ai propri responsabili per valutazione, non è corretto parlare di project manager, ma di project tracker, cioè “segugio” del progetto.

Ho incontrati diversi project tracker, soprattutto nel 2000/2001, ai tempi d’oro di internet. Erano ragazze o ragazzi neolaureati che spesso si trovavano a lavorare per società nel settore telefonico. Quella del project tracker potrebbe forse essere una fase transitoria nella carriera del project manager, l’inizio, un’ottima scuola.

Come fare a distinguere un project leader da un project tracker? Berkun propone di porre loro questa intervista, che traduco liberamente:

  • Sei la figura a cui il gruppo di lavoro fa riferimento?
  • Crei / contribuisci a creare o segui i requisiti utente?
  • Crei / contribuisci a creare o segui le specifiche di lavoro?
  • Crei / contribuisci a creare o segui le pianificazioni?
  • La progettazione è una parte consistente / minoritaria o trascurabile del tuo lavoro?
  • Quanto tempo passi a coordinare il progetto piuttosto che ad analizzarne l’andamento?
  • Come cambia il tuo coinvolgimento dall’inizio al completamento del progetto?
  • Sei completamente / parzialmente o indirettamente responsabile per la riuscita del progetto?

Introduzione al web project management

Dal mio profilo in Fucinaweb si capisce che il mio ruolo è quello di web project manager. Ma cosa fa di preciso un web project manager e, di conseguenza, cos’è il web project management?

Il web project manager è la figura che si preoccupa di gestire e coordinare la realizzazione di un progetto web (sito o applicazione), dal suo concepimento fino alla consegna al cliente (e anche oltre, con la fase di manutenzione). Il web project manager è un professionista “a tutto tondo”, perché entra in contatto con il cliente, con la parte commerciale, con i creativi, con gli sviluppatori e con i sistemisti cioè, in poche parole, con chiunque lavori al progetto.

Rispetto a un project manager di software tradizionale, il web project manager si trova spesso a lavorare su un terreno ancora in parte da esplorare. Innovazione continua, gruppo di lavoro eterogeneo, variabilità nell’assegnazione dei costi, tecniche di sviluppo agile sono variabili che influenzano profondamente il suo modo di operare.

E’ difficile stabilire con certezza quali siano le mansioni e le competenze di un “bravo” web project manager, ma si può tentare di stilare un elenco. Un web project manager:

  • è in grado di definire un progetto in termini di costo (di infrastruttura, di persone, di contenuto, di manutenzione), di tempo (tempo totale di realizzazione e data di consegna prevista), di qualità (misurandola con metriche quantitative)
  • interagisce con il cliente. In una prima fase l’incontro può avvenire insieme a un commerciale; i successivi incontri saranno gestiti in autonomia dallo stesso web project manager. Per il cliente il web project manager è molto spesso l’unico referente e di conseguenza anche l’unico responsabile dei ritardi/malfunzionamenti/incomprensioni legati al progetto
  • si relaziona con un gruppo di lavoro composto da diverse figure con competenze anche molto eterogenee
  • sa comunicare, a tu per tu, in riunione e sulla carta. Riesce a tenere le redini di un meeting e a redigere documenti, tra cui il documento di analisi dei requisiti e quello di specifiche. Non è escluso che si trovi anche a partecipare alla fase di stesura dei prototipi o wireframe
  • stabilisce quali siano le figure professionali necessarie e più indicate a realizzare quel particolare progetto
  • poiché è molto probabile che più progetti siano in cantiere nello stesso momento, è in grado di pianificare il lavoro di tutto il team, in modo da impegnare le risorse su più fronti. Definisce in poche parole le fasi in cui intervengono i diversi attori
  • non ipotizza da solo i costi e i tempi, ma sa richiedere il parere del proprio team per giungere a una precisa e condivisa previsione. Il web project manager non è un one man band
  • crede nello spirito di squadra, e fa di tutto per coltivarlo
  • si preoccupa di far maturare e premiare le competenze dei singoli. Propone al momento giusto cambi di competenze ed è successivamente in grado di valutare il raggiungimento degli obiettivi concordati
  • è conscio che i problemi non si possono eliminare totalmente, ma sa come anticipare i problemi, riconoscendoli in tempo. Riconoscerli in tempo permette di risolverli prima che diventino vere e proprie emergenze
  • definisce quanto spazio c’è per l’innovazione in ogni nuovo progetto, e quanto invece richiede l’utilizzo di soluzioni già realizzate
  • se le risorse interne all’azienda non sono sufficienti (o non dispongono delle competenze sufficienti) per far fronte a un problema, ricerca a lavora (anche a distanza) con collaboratori esterni
  • è in grado di realizzare buona parte del progetto da solo, anche se probabilmente con risultati qualitativi molto inferiori e tempi invece elevati rispetto al gruppo che coordina. Questo gli permette da un lato di poter stimare in una prima fase i progetti con buona approssimazione, dall’altro di capire le difficoltà incontrate dal proprio team
  • riesce a scendere a compromessi, perché sa che il budget quasi mai consente di realizzare un ottimo prodotto nei tempi previsti

Più il web project manager agisce su questi parametri, migliore è la qualità di lavoro dello stesso web project manager. Aumentare la opportunità di delega verso il team, per esempio, ha il duplice scopo di far maturare nuove competenze al gruppo e di aumentare il tempo che può essere impiegato per valutare nuove opportunità.

Aggiornamento del 2 Settembre 2008 – Per approfondire il ruolo del web project manager ho anche scritto una serie di domande e risposte sul web project management (FAQ).

Tutti in Silicon Valley

Se in questi giorni avete un quarto d’ora di tempo e volete approfondire alcuni degli aspetti del Future of Web Apps di Londra, soprattutto per quanto riguarda il futuro delle startup (su Fucinaweb ci sono molti appunti dai diversi interventi della due giorni), vi consiglio la lettura di una piccola polemica tra Paul Graham, fondatore di Y Combinator, e Ryan Carson, uno degli organizzatori dell’evento.

Y Combinator, per chi non lo sapesse, è una società che investe in giovani startup. Elargisce fondi, nell’ordine dei 5000 dollari, più 5000 dollari per ogni socio fondatore, e in cambio richiede quote societarie (maggiori informazioni sono disponibili in una FAQ sul loro sito, scritta con un tono diretto, ma anche un po’ detestabile).

A Londra mi sono perso gran parte dell’intervento di Paul Graham, anche se qualcosa ho scritto, ma fortunatamente lo stesso Graham ha pubblicato sul suo sito un lungo articolo sull’argomento. Lungo, ma che merita una lettura attenta, perché parla di come, nel pensiero di Graham, le startup stiano diventando una commodity, nascono cioè come funghi e con poche risorse. Graham sottolinea anche come già oggi stiano emergendo standard rivolti alle startup, come quelli relativi alle acquisizioni, con Google in testa.

Un punto però non è stato digerito da Ryan Carson. Secondo Graham far crescere una startup in Silicon Valley fa una bella differenza, perché è un’area specializzata per interagire, comunicare, discutere. Perché, detta in soldoni, sono tutti lì, e trovarsi faccia a faccia con chi può aiutare è fondamentale. Graham ha quindi consigliato senza indugi a chi sta pensando a una startup di fare armi e bagagli e spostarsi lì.

Finito il discorso di Graham avevo in effetti intravisto un Carson agitato sul palco che, da buon inglese e senza far passare troppo tempo, si diceva in disaccordo con la tesi del collega americano. Carson sostiene, e non potrebbe essere altrimenti, che la location non fa poi troppa differenza, ma la differenza è nelle idee.

Entrambi hanno poi replicato nei rispettivi siti, prima Graham, poi Carson. Leggete le interessanti tesi, ma sappiate – come è facile immaginare – che non hanno cambiato posizione.

Chi ha ragione? Probabilmente, come sempre, tutti e nessuno. Ritengo che far crescere una startup in Silicon Valley porti con sé qualche vantaggio se l’idea è buona, ma soprattutto innovativa. E sono convinto che lavorare in quel contesto permetta di chiarire le proprie idee e di confrontarsi su temi altrimenti solo ipotizzabili. Ma non è detto che una startup debba per forza essere venduta dopo sei mesi a Google, esiste forse qualche possibilità per realizzare idee in altri contesti (cioè luoghi), soprattutto se queste riguardano aspetti più legati all’intrattenimento e alla cultura, piuttosto che l’informatica “spicciola”, come oggi succede per molte startup.

E voi, avete qualche idea in proposito?