All’estero sono più bravi

All’estero sono più bravi. O almeno così la pensano molti clienti italiani alla prese con un progetto web. Clienti che preferiscono rivolgersi fuori dai confini e molto spesso fuori Europa in cerca di una qualità che le nostre agenzie non sembrano garantire.

Chissà se questo è uno dei motivi che hanno spinto la redazione di Internazionale a richiedere la progettazione del proprio sito a Information Architects, nota web agency con sede a Tokyo e specializzata in progetti editoriali, soprattutto tedeschi e svizzeri.

Sono abbonato al settimanale Internazionale da più di 10 anni, sbircio impaziente la cassetta delle lettere ogni venerdì e non ho perso un Festival a Ferrara: non penso ci sia bisogno di aggiungere altro riguardo la considerazione che ho per questa rivista.

Però ogni volta che mi capita di visitare internazionale.it mi meraviglio di quanta poca cura sia stata posta all’interfaccia, anche se non sono sicuro se sia un limite della progettazione di Information Architects o di qualcuno che è intervenuto a posteriori.

Sarà che di siti editoriali ne ho visti parecchi (dal 2000 al 2006 ho progettato e gestito i siti dei periodici del gruppo Mondadori), ma il risultato che vedo sarebbe stato alla portata di molte agenzie italiane, anche non di prim’ordine.

Qualche settimana fa mi sono ricavato un’ora per compilare un documento in cui ho raccolto alcune delle problematiche più significative del sito e l’ho inviato alla redazione.

Non mi aspettavo una risposta, che infatti non è arrivata: mi interessava ricavarne un’occasione per parlarne qui.

Vi invito allora a scaricare il documento pdf [4 Mbyte] in cui ho raccolto alcune evidenze: spero possa essere utile per capire come svolgere in poco tempo una prima e non scientifica valutazione dell’usabilità di un sito. Sono convinto che spendendoci un po’ più di tempo, magari insieme a qualche collega, il numero di problematiche salirebbe significativamente.

È fuori discussione che ogni azienda possa spendere i propri soldi come meglio crede, ma è un peccato che il sito web di Internazionale non rispecchi la stessa cura e qualità della rivista cartacea.

Dietro le quinte di un progetto

Non sapete quanto mi piacerebbe scrivere in questo sito come si articola nel dettaglio il processo di progettazione e creazione di un progetto online, soprattutto di uno di grandi dimensioni che vede coinvolte molte e diverse professionalità.

Ma non lo faccio.

Non lo faccio non perché voglia tenermi ben stretto tutto quello che ho imparato in questi 15 anni di lavoro.

Non lo faccio perché non posso.

Non posso perché a monte della mia attività di consulenza (e, in passato, di dipendente) c’è quasi sempre un accordo di riservatezza: non posso parlare dei dettagli del mio lavoro.

Non giudico se quella di far firmare clausole del genere sia una strategia efficace, ma mi dispiace non poter condividere esperienze o casi di studio pratici che difficilmente trovano posto nei libri. La realtà è spesso diversa da quella che si legge nei testi accademici.

Quello degli accordi di riservatezza è però un vizio che si propaga con una certa velocità. Se fino a ieri interessava le aziende di grandi dimensioni, mi capita sempre più spesso di sentire amici e colleghi che si trovano a firmare un accordo di questo tipo anche per progetti di poche migliaia di euro.

Ma non è di questo che volevo discutere oggi (segnalazioni riguardo la vostra esperienza nei commenti sono comunque molto bene accette, se non altro per capire l’entità del fenomeno).

C’è infatti chi per fortuna non ha problemi a condividere nel dettaglio la propria esperienza, come nel caso della BBC.

Un esempio su tutti è il redesign del meteo, che è stato descritto magistralmente dal team di lavoro in BBC Weather: Design Refresh in Pictures. Perché magistralmente?

  • Perché indicano l’intero processo di progettazione e non solo una parte
  • Perché presentano grafici e diagrammi (come quello relativo alle 5W – Who, When, Why, Where, What) che si aprono a tutto schermo, così da leggere per intero quello che c’è scritto, senza segreti
  • Perché elencano le parti del sito precedente a cui hanno rinunciato, e il motivo
  • Perché non si vergognano di far vedere che tutto prende vita dai bozzetti su carta (ne scrivevo giusto qualche settimana fa)
  • Perché indicano chiaramente la vision e come ogni professionista al lavoro sfrutti le proprie competenze per raggiungere gli obiettivi
  • Perché sottolineano l’importanza delle icone e della infografica (quella fatta bene) in un progetto di questo tipo.
  • Perché sapevano che descrivere nel dettaglio la complessa macchina del redesign avrebbe attirato le (inevitabili) critiche di chi si trovava meglio con la versione precedente (vedi i commenti 12 e 13)
  • Perché scrivono nero su bianco il nome delle agenzie e dei partner che li hanno aiutati nella progettazione del sito, invece di tenerli nascosti (magari facendo firmare un documento di riservatezza, giusto per ritornare al tema iniziale)

La possibilità di condividere così nel dettaglio la propria esperienza deriva probabilmente anche dal fatto che la BBC è pagata dalle tasse dei contribuenti e questo è un modo di far capire come sono impiegati questi soldi e di ritornare un po’ della conoscenza maturata.

Sarebbe allora bello che la Rai facesse lo stesso, ma vista la qualità dei progetti che mettono online forse sono ancora nella fase precedente, quella in cui devono ancora imparare come si fa a realizzarlo, un sito.

La battaglia dei cloni di documenti

Un web project manager produce molti e diversi documenti tra cui analisi, presentazioni, benchmark, debrief, a volte anche wireframe. Lavoro per diverse aziende e capita che sia invitato a utilizzare dei modelli già realizzati con loghi, colori e font istituzionali.

È qui che comincia la battaglia. Se per realizzare la documentazione ho impiegato un paio d’ore, cercare di farla rientrare nel modello che mi è stato consegnato è spesso un’impresa titanica.

Il problema è che non si tratta, nella maggior parte dei casi, di veri e propri modelli, ma di cloni di documenti che sono stati svuotati del contenuto e cui mancano delle vere linee guida di formattazione.

Il tipo e la dimensione dei font e le spaziature non sono stati realizzati come degli stili, ma sono stati applicati al testo all’occorrenza. E se anche sono stati utilizzati degli stili, lo si è fatto solo per il testo principale e (forse) per una tipologia di intestazione.

È un approccio inefficiente per diverse ragioni:

  • ogni volta che viene inserito un nuovo elemento, ad esempio un titolo, questo va copiato e incollato mutuandolo dal precedente
  • si perde il valore “semantico” del documento: un’intestazione dovrebbe essere tale perché questa informazione è stata specificata nel documento, mentre in questi documenti lo è semplicemente perché utilizza un font “più grande” rispetto alle altre
  • la qualità degraderà nel tempo: i primi due documenti rispetteranno in qualche modo lo standard, i successivi perderanno man mano la formattazione voluta
  • è impossibile applicare gli stili in un secondo momento, per esempio nel caso di documenti già realizzati, che devono essere modificati a mano voce per voce

Questo si verifica con i documenti Word, ma non solo. Anche Powerpoint e Keynote soffrono dello stesso problema. Piuttosto che investire una mezza giornata per realizzare delle diapositive master che possono poi essere applicate in ogni presentazione, si preferisce realizzare una presentazione con alcune slide che sono poi copiate e incollate più e più volte.

Quando mi viene proposto di utilizzare un modello aziendale per produrre documentazione, cerco se possibile di farmelo anticipare prima di iniziare il lavoro, così da capire come questi siano realizzati. Se la qualità non è secondo me soddisfacente, ma il numero di documenti che devo preparare è ridotto, inizio subito a utilizzare questi “modelli” per produrre la documentazione.

Se però si tratta di un’attività frequente, di solito preferisco investire un po’ di tempo e ricostruire completamente il modello. L’operazione, di solito, mi richiede circa un paio di ore (nel caso di una presentazione qualcosa di più), ma è tempo ben speso, soprattutto per me.

All’apparenza, rispetto al template che mi è stato consegnato, non cambia nulla. Ma il lavoro di produzione della documentazione diventa molto più efficiente, a tal punto da recuperare molto presto il tempo speso per la ricostruzione del modello.